Convegno nazionale
"A dieci anni dalla legge quadro sulle aree naturali protette"
i risultati e le prospettive per i Parchi Italiani
Roma, 30 novembre 2001


A DIECI ANNI DALL'APPROVAZIONE DELLA LEGGE QUADRO
POTENZIARE E CONSOLIDARE LA POLITICA NAZIONALE PER LE AREE PROTETTE

Un atto storico

L'approvazione della legge 394 del 1991 ha rappresentato, nel quadro della politica ambientale del nostro paese, un atto di valore storico, perché ha favorito l’istituzione di molte nuove aree protette, a cominciare dai Parchi nazionali, ed ha aperto la strada ad una azione organica per la protezione del patrimonio naturale italiano.
Fino alla data della sua emanazione infatti solo alcune Regioni si erano impegnate per dare vita a Parchi ed a Riserve, creando comunque esperienze molto innovative, in gran parte utilizzate per definire i capisaldi della stessa legge quadro nazionale.
Le iniziative avviate a seguito della legge, sia da parte dello Stato centrale che da parte delle Regioni, hanno permesso all'Italia di balzare ai primi posti in Europa in quanto a quantità percentuale di superficie nazionale protetta ed a qualità degli obiettivi raggiunti, che hanno contribuito ad una buona tutela e in alcuni casi anche ad un miglioramento della nostra biodiversità.
Alla prova dei fatti si può affermare che i contenuti centrali della legge – alcuni dei quali avevano caratterizzato il lungo dibattito che ne ha preceduto l’approvazione, come il rapporto tra il ruolo dello Stato da un lato e quello delle Regioni e delle Autonomie locali dall’altro – sono riusciti a garantire, nella maggior parte dei casi, la collaborazione istituzionale e l’equilibrio tra gli interessi generali della collettività nazionale e quelli più specifici delle comunità locali coinvolte territorialmente dalle aree naturali protette.
Le modifiche apportate alla legge negli anni successivi hanno aggiornato e rafforzato positivamente questo rapporto e hanno saputo affrontare il tema delle azioni di sistema (Alpi, Appennino, Isole minori) insieme a quello dello sviluppo sostenibile.


Dieci anni di risultati positivi
Per queste essenziali ragioni giudichiamo positivamente i risultati ottenuti in questi anni in Italia nel campo della conservazione e della valorizzazione della natura, in particolare nella politica delle aree naturali protette.
Risultati che sono stati raggiunti grazie alla lungimiranza della legge 394 e alle iniziative conseguenti alla sua applicazione, ma innanzitutto perché si è attivato un processo di crescente sensibilizzazione dell'opinione pubblica - che si è sviluppato nel paese anche grazie al lavoro delle principali associazioni ambientaliste - sui temi della difesa del territorio e di un rapporto più equilibrato tra uomo e natura, nel segno dello sviluppo sostenibile.
Decisivo è stato inoltre l’impegno profuso da centinaia di amministratori e di operatori delle aree protette che, con il sostegno della loro nuova realtà associativa rappresentata dalla Federazione dei Parchi, hanno lavorato per la realizzazione di risultati che erano insperabili solo pochi anni addietro. Essi sono stati protagonisti di un processo di grande vitalità, ricco di capacità progettuale, in grado di confrontarsi in termini propositivi con alcune fra le principali questioni contemporanee: il rapporto tra conservazione e crescita economica, tra esigenze locali e connessione globale, tra sussidiarietà, autonomismo e partecipazione, tra identità territoriale tipica e pluralità culturale.
Grazie a questi risultati oggi, a dieci anni dall’approvazione della legge, il mondo dei Parchi è in grado di proporre nuovi traguardi per superare gli ostacoli ancora esistenti e sviluppare così una forte e condivisa politica nazionale a favore delle aree protette.


Le proposte per il rilancio di una politica nazionale
Il tentativo, che si sta affacciando in alcune Regioni, di ridurre la superficie dei Parchi e di sottrarre agli Enti di gestione il ruolo di programmazione e di gestione del territorio, non può certo rappresentare la strada per un rilancio delle nostre aree protette. Così come può solo essere dannosa la linea del commissariamento di alcuni Parchi nazionali, poiché essa, al di là di ogni giudizio di legittimità e di opportunità, è sostanzialmente diretta ad una ulteriore centralizzazione nella gestione delle grandi aree di tutela anziché a sostenere il difficile sforzo di coinvolgimento dei poteri locali nelle complesse azioni che devono coniugare conservazione e sviluppo.
Gli elementi costitutivi di una politica di consolidamento e ampliamento dei risultati fin qui raggiunti, che tenga fede agli obiettivi generali contenuti nella legge 394, sono rappresentati da una programmazione concertata e riferita ai grandi progetti di sistema, dalla collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, dal riconoscimento dell'autonomia e del ruolo degli Enti gestori, dalla risoluzione del problema della tutela coordinata tra aree terrestri e marine, dalla definizione degli strumenti tecnici di base troppo lungamente attesi.

    Programmazione e cooperazione istituzionale
    Le aree protette, sia nazionali che regionali, sono per loro natura soggetti che possono operare positivamente solo se la cooperazione tra tutte le istituzioni si sviluppa armonicamente e senza artificiose divisioni gerarchiche o, peggio, contrapposizioni tra poteri. D'altra parte, senza una tale cooperazione non saranno perseguibili i grandi progetti territoriali di sistema per l’Appennino, le Alpi, le Coste, le Isole minori e il Bacino del fiume Po, progetti che costituiscono uno dei più importanti contributi che il mondo dei Parchi ha consegnato all'intero paese per il superamento di politiche settoriali e produttivistiche. E nemmeno sarà possibile, senza una "leale collaborazione" tra istituzioni, affrontare i problemi connessi al rapporto tra aree protette nazionali e politiche comunitarie, oggi incentrate esclusivamente sui SIC e le ZPS e che vanno invece allargate a tutte le aree protette.
    Per questo occorre ripristinare il Programma Triennale per le Aree Protette (meglio se per la Rete Ecologica Nazionale) a suo tempo abolito, ed affidare ad una sede di concertazione – la Conferenza Stato Regioni Autonomie – il compito di elaborare ed approvare tale Programma, avvalendosi di un Comitato Tecnico di cui faccia parte una rappresentanza dei Parchi.


    Autonomia e ruolo dei Parchi
    Analoga ispirazione federalista deve guidare la migliore definizione della funzione e dell'organizzazione dei Parchi. In questo senso la condizione centrale è costituita dal riconoscimento dello “sviluppo locale sostenibile” quale perno attorno al quale costruire il ruolo, la funzione principale e la legittimazione piena dei Parchi e delle Riserve naturali. Occorre quindi rafforzare il coinvolgimento delle istituzioni e delle popolazioni locali nella vita delle aree protette. Questo maggiore coinvolgimento impone una forte valorizzazione degli strumenti di pianificazione per i quali occorre anche prevedere procedure certe e rapide di approvazione.
    L’esperienza ha dimostrato che alla gestione delle aree protette, sia regionali che nazionali, giova il massimo di autonomia, che si esprime innanzitutto nella possibilità di decidere sugli aspetti principali della propria organizzazione, a cominciare dal proprio personale. Ciò non accade oggi nei parchi nazionali per i direttori e per la vigilanza che dipende, di fatto, dal Corpo Forestale dello Stato. Al di là della discussione sul destino del CFS è da rimarcare l'assoluta necessità che la vigilanza dipenda dal Parco.


    Rapporto tra tutela terrestre e tutela marina
    Il giudizio positivo espresso sui risultati della legge quadro non può essere esteso interamente anche alle Aree Protette Marine, che pure erano previste da una legge precedente quasi di un decennio la 394. Le attuali difficoltà possono essere superate abbandonando da una parte la visione di una protezione a mare separata da quella costiera e dall’altra l’idea di strumenti di gestione – le commissioni di emanazione ministeriale – in cui non si esercita una vera collaborazione tra istituzioni.
    Anche il pieno rilancio delle Aree protette marino-costiere può dunque essere realizzato attraverso un processo di maggiore autonomia programmatica e gestionale.


    Carta della Natura
    Le grandi potenzialità insite nell'esistenza di un numero di aree protette che interessa oltre il 10% del territorio nazionale sono state limitate in questi anni dall'assenza di un adeguato quadro di riferimento tecnico-scientifico, che la legge 394 aveva individuato nella Carta della Natura, ancora non realizzata.
    Occorre al più presto colmare questa lacuna attraverso il pieno coinvolgimento di chi (Regioni, Province, Comuni e Parchi) ha la primaria responsabilità della gestione dell’ambiente e rivedendo anche gli obiettivi poiché la Carta dovrà essere messa al servizio delle politiche di sistema, della tutela della biodiversità e di un uso compatibile delle risorse.


Riconoscere formalmente il ruolo dei parchi
Gli obiettivi qui esposti, che costituiscono il contributo dell'associazione dei Parchi alla riflessione sul futuro delle aree protette, dovranno necessariamente costituire l'orizzonte del prossimo lavoro della Commissione Tecnica che sta per essere istituita dal Governo per l'esercizio della delega ricevuta dal Parlamento e la redazione del Testo Unico della legislazione in materia ambientale. E' indispensabile, a questo proposito, che anche nei confronti della Federparchi si adotti la procedura di consultazione chiesta dalle Regioni e dalle Associazioni delle Autonomie Locali.
Così come, più in generale, è opportuno che la Federparchi, in quanto rappresentanza istituzionale, venga regolarmente e formalmente sentita dai Ministeri e dalle Regioni ogni qualvolta ci si appresti ad assumere provvedimenti e decisioni riguardanti le aree protette. Ulteriori ritardi nell'adottare tale riconoscimento possono solo privare di un valido ed informato contributo le sedi preposte a decidere e possono mettere in discussione anche l'efficacia e la validità di appuntamenti importanti come la Seconda Conferenza nazionale sulle Aree Protette, in programma ad aprile del 2002.