Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, del Monte Falterona
e di Campigna, istituito con DPR del luglio 1993.
La superifice si estende per circa 36.000 ettari, 16.000 dei quali giá compresi nel Parco Regionale del
Crinale Romagnolo (1988).
Ne fanno parte le valli romagnole del Montone, del Rabbi e del Bidente,
suddiviso nei tre rami di Corniolo, Ridracoli e Pietrapazza che si congiungono poco a monte di Santa Sofia;
i torrenti discendono veloci dalla ripida dorsale appenninica lungo vallate strette e incassate,
con versanti a tratti rocciosi e brulli. Il settore toscano comprende, oltre a una piccola porzione del Mugello,
il Casentino, cioé il territorio che abbraccia l'alta valle dell'Arno, le cui sorgenti sono situate sulle
pendici meridionali del Monte Falterona (1654 m); questo rilievo, insieme al vicino Monte Falco (1658 m),
costituisce il punto piú elevato del tratto di crinale incluso nel parco. Il versante toscano, meno aspro,
é solcato dalle valli dei torrenti Staggia, Fiumicello e Archiano, affluenti di sinistra dell'Arno che,
nella parte iniziale, scorre quasi parallelo al crinale principale.
Verso est l'area protetta si prolunga fino al suggestivo rilievo calcareo di Monte Penna, con il
celebre santuario francescano della Verna. Il cuore del parco é rivestito dal verde mantello delle
Foreste Demaniali Casentinesi, un complesso forestale antico, la cui oculata gestione, protrattas
i nel corso dei secoli, ha consentito la conservazione di alcuni nuclei di notevole interesse
naturalistico per l'elevata integritá e la straordinaria ricchezza di flora e fauna; vanno ricordate,
in particolare, le riserve naturali integrali di Sasso Fratino e della Pietra e le varie riserve naturali
biogenetiche, il cui valore é ormai riconosciuto a livello europeo. Freschi ruscelli e suggestive
cascate attraversano queste estese foreste dove si elevano imponenti e solenni abeti e faggi colonnari.
Sono terre che hanno da sempre regalato intense emozioni ai visitatori: eremiti in cerca di luoghi di
preghiera, a cominciare da S. Romualdo e S. Francesco, letterati come Dante e Ariosto, che cantarono
questi paesaggi con versi pieni di forza, e, nel nostro secolo, appassionati studiosi innamorati di
questi luoghi, ai quali va il merito di aver operato per la loro salvaguardia.
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