L'oro bianco del fiume Taro
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I corsi d'acqua trasportano
in grandi quantità massi, ciottoli, ghiaie e sabbie. Questi
materiali vengono utilizzati dall'uomo per la costruzione
di strade, case, ferrovie, ponti e vari manufatti edilizi
ed infrastrutturali.
Per
dare un'idea dell'entità dei prelievi di materiali litoidi,
basti pensare che la costruzione di 1 km di autostrada
a quattro corsie necessita di 62.000 mc di sabbia e pietrisco
ed 1 km di massicciata ferroviaria per doppio binario
richiede 2.600 mc di ghiaia e pietrisco vagliato.
Il fiume Taro è uno dei corsi
dell'Emilia Romagna in cui si svolge in modo più cospicuo
l'attività estrattiva. Le escavazioni, iniziate in occasione
della costruzione dell'autostrada Parma-La Spezia, hanno
comportato profonde modificazioni della struttura naturale
del suo alveo.
Il materiale ghiaioso viene
infatti prelevato in alveo, dove vengono continuamente
creati e rimossi grossi cumuli ghiaiosi e dove vengono
aperte depressioni anche voluminose che, in molti casi,
hanno portato in superficie le falde acquifere più superficiali;
in questo modo, ad esempio, si sono create le zone umide
di Medesano.
A valle di Giarola affiorano
argille quaternarie, un tempo sepolte sotto le ghiaie.
L'escavazione eccessiva, comportando una rottura del profilo
longitudinale di equilibrio del fiume, ha innescato una
forte erosione regressiva, ha reso più vulnerabili le
falde acquifere, divenute più superficiali, ed ha alterato
il processo di scambio idrico con le stesse.

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