
Le normative
| D. Lgs.11 Maggio 1999 n°152 | Titolo I
Gazzetta Ufficiale n° 177
del 30/7/99 - Suppl. Ord. n° 146 |
Disposizioni sulla tutela
delle acque dall'inquinamento e recepimento della
direttiva 91/271/Cee concernente il trattamento delle
acque reflue urbane e della direttiva 91/676/Cee relativa
alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato
dai nitrati provenienti da fonti agricole. |
Il Presidente della Repubblica,
-visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
-vista la direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento
delle acque reflue urbane;
-vista la direttiva 91/676/CEE del Consiglio del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione
delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
-vista direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda
alcuni requisiti dell'allegato I;
-vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146 recante disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee Legge comunitaria
1993 ed in particolare l'Art.36 e 37;
-vista la legge 6 febbraio 1996, n. 52 recante disposizioni per l'adempimento agli
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee Legge comunitaria
1994 ed in particolare l'Art.6;vista la legge 24 aprile 1998 n. 128 recante disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità
europee Legge comunitaria 1995-1997- ed in particolare l'Art.17;
-vista la legge 5 gennaio 1994, n. 36 e successive modifiche ed integrazioni;
-visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche ed
integrazioni;
-vista la legge 15 marzo 1997, n. 59;
-visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
-visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236;
-vista la legge 18 maggio 1989, n. 183;
-visto il Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775;
-vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 15 gennaio 1999;
-sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome;
-acquisiti i pareri delle commissioni competenti per materia della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
-vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 aprile
1999;
-Su proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'ambiente di
concerto con i Ministri per le politiche agricole, dei lavori pubblici, dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, della sanità, delle finanze, per gli affari regionali,
per la funzione pubblica, dei trasporti e della navigazione, di grazia e giustizia, degli
affari esteri, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
Emana il seguente decreto legislativo:
Art.1 Finalità
1. Il presente decreto definisce la disciplina generale per la tutela delle cque
superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle
destinate a particolari usi;
c) (*) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per
quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di auto depurazione dei corpi idrici nonché la
capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i
seguenti strumenti:
a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei
corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun
bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni.
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione
di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi
idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato di cui alla legge 5 gennaio 1994, n. 36;
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle
zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al
riciclo delle risorse idriche.
3. Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente decreto
nel rispetto di quelle disposizioni in esso contenute che, per la loro natura riformatrice
costituiscono principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell'Art.117,
comma 1, della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione al presente decreto secondo quanto
previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.
Art.2 Definizioni
Ai fini del presente decreto si intende per:
a) "abitante equivalente": il carico organico biodegradabile avente una
richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
b) "acque ciprinicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci
appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le
anguille;
c) "acque costiere": le acque al di fuori della linea di bassa marea o del
limite esterno di un estuario;
d) "acque salmonicole": le acque in cui vivono o possono vivere pesci
appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e) "estuario": l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla
foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del
Ministro dell'ambiente; in via transitoria sono fissati a cinquecento metri dalla linea di
costa (*);
f) "acque dolci": le acque che si presentano in natura con una bassa
concentrazione di sali e sono considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al
fine di produrre acqua potabile;
g) "acque reflue domestiche": acque reflue provenienti da insediamenti di tipo
residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività
domestiche; h) "acque reflue industriali":
qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici in cui si svolgono attività
commerciali o industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche
di dilavamento;
i) "acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue
civili, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento;
l) "acque sotterranee": le acque che si trovano al di sotto della superficie del
terreno, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
m) "agglomerato": area in cui la popolazione ovvero le attività economiche sono
sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento
delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o verso
un punto di scarico finale;
n) "applicazione al terreno": l'apporto di materiale al terreno mediante
spandimento sulla superficie del terreno, iniezione nel terreno, interramento, mescolatura
con gli strati superficiali del terreno;
o) "autorità d'ambito": la forma di cooperazione tra comuni e province ai sensi
dell'art. 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36;
p) "bestiame": si intendono tutti gli animali allevati per uso o profitto;
q) "composto azotato": qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso l'azoto allo
stato molecolare gassoso;
r) "concimi chimici": qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento
industriale;
s) "effluente di allevamento": le deiezioni del bestiame o una miscela di
lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato;0
t) "eutrofizzazione": arricchimento delle acque in nutrienti, in particolare
modo di composti dell'azoto ovvero del fosforo, che provoca una proliferazione
delle alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata
perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle
acque interessate;
u) "fertilizzante": fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1994,
n.748, ai fini del presente decreto è fertilizzante qualsiasi sostanza contenente, uno o
più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi
di cui alla lettera v);
v) "fanghi": i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
z) "inquinamento": lo scarico effettuato direttamente o indirettamente dall'uomo
nell'ambiente idrico di sostanze o di energia le cui conseguenze siano tali da mettere in
pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico,
compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque;
aa) "rete fognaria": il sistema di condotte per la raccolta e il
convogliamento delle acque reflue urbane;
ab) "scarico": qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue
liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel
sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche
sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque
previsti all'art.40;
ac) "acque di scarico": tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
ad) "trattamento appropriato": il trattamento delle acque reflue urbane mediante
un processo ovvero un sistema di smaltimento che dopo lo scarico garantisca la conformità
dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle
disposizioni del presente decreto;
ae) "trattamento primario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un
processo fisico ovvero chimico che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero
mediante altri processi a seguito dei quali il BOD5 delle acque reflue in arrivo sia
ridotto almeno del 20% prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle acque reflue in
arrivo siano ridotti almeno del 50%;
af) "trattamento secondario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante
un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie,
o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti di cui alla tabella 1
dell'allegato 5;
ag) "stabilimento industriale" o, semplicemente, "stabilimento":
qualsiasi stabilimento nel quale si svolgono attività commerciali o industriali che
comportano la produzione, la trasformazione ovvero l'utilizzazione delle sostanze di cui
alla tabella 3 dell'allegato 5 ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la
presenza di tali sostanze nello scarico;
ah) "valore limite di emissione": limite di accettabilità di una sostanza
inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, ovvero in peso per unità
di prodotto o di materia prima lavorata, o in peso per unità di tempo;
ai) "zone vulnerabili": zone di territorio che scaricano direttamente o
indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o
che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
Art.3 Competenze
1. Le competenze nelle materie disciplinate dal presente decreto sono stabilite dal
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e dagli altri provvedimenti statali e regionali
adottati ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59.
2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le autorità di bacino, l'Agenzia
nazionale e le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente assicurano l'esercizio
delle competenze già spettanti alla data di entrata in vigore della legge 15 marzo 1997,
n. 59, fino all'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.
3. In relazione alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali,
in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti
dall'appartenenza all'Unione europea o pericolo di grave pregiudizio alla salute o
all'ambiente o inottemperanza agli obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti, esercita i poteri sostitutivi in
conformità all'Art.5 del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112, fermi restando i
poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità, nonché
quanto disposto dall'Art.53.
4. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione del presente decreto sono
stabilite negli allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi
dell'Art.17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previaintesa con la Conferenza
Stato e regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli
allegati al presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni
scientifiche o tecnologiche.
5. Ai sensi dell'Art.20 della legge 16 aprile 1987, n. 183, con decreto dei Ministri
competenti per materia, si provvede alla modifica degli allegati al presente decreto per
dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in
cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle
direttive dell'Unione europea recepite dal presente decreto.
6. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di
programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di
salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro
utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.
7. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di
qualità delle acque e trasmettono all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente i
dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione del presente decreto, nonché
quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto
del Ministro dell'ambiente di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la
Conferenza Stato e regioni. L'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente elabora a
livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale ambientale, le
informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente
anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e
disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente
i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli
obblighi internazionali assunti.
8. Sono fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle
province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative
norme di attuazione.
9. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate
all'attuazione del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e
aggiornamento dei piani di tutela.
Capo I: Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica
destinazione
Art.4 Disposizioni generali
1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, il
presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici
significativi e gli obiettivi (*) di qualità per specifica destinazione per i corpi
idrici di cui all'Art.6, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi
idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità
animali e vegetali ampie e ben diversificate
3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi
idrici idoneo a una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e
dei molluschi.
4. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il piano di tutela delle
acque di cui all'Art.44, misure atte a conseguire i seguenti obiettivi entro il 31
dicembre 2016:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e
sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di
"buono" come definito nell'Allegato 1;
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato"
come definito nell'Allegato 1;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui
all'Art.6 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'allegato 2,
salvo i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente;
5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per
specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi,
devono essere rispettati quelli più cautelativi; quando i limiti più cautelativi si
riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale, il rispetto degli
stessi decorre dal 31 dicembre 2016.
6. Il piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale
con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione
7. Le regioni possono altresì definire obiettivi di qualità ambientale più elevati,
nonché individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di
qualità.
Art.5 Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale
1. Entro il 31 dicembre 2001, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo
rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 42 e 43 (*), le regioni identificano per
ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente
ad una di quelle indicate nell'allegato 1.
2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e
adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di
qualità ambientale di cui all'Art.4, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico
massimo ammissibile ove fissato sulla base delle indicazioni dell'autorità di bacino di
rilievo nazionale e interregionale per icorpi idrici sovraregionali, assicurando in ogni
caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016 il raggiungimento dell'obiettivo di
qualità ambientale corrispondente allo stato "buono", entro il 31 dicembre 2008
ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i
requisiti dello stato "sufficiente" di cui all'allegato 1.
4. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che
presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato
"buono" entro il 31 dicembre 2016.
5. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità ambientale meno
rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle seguenti condizioni:
a) il corpo idrico ha subito gravi ripercussioni in conseguenza dell'attività umana
che rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un significativo
miglioramento dello stato qualitativo;
b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto non è perseguibile a causa della
natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza;
c) l'esistenza di circostanze impreviste o eccezionali, quali alluvioni e siccità.
6. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 5, la definizione di obiettivi meno
rigorosi è consentita purché i medesimi non comportino l'ulteriore deterioramento dello
stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui al comma 5, lettera b), non sia
pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal presente decreto in altri corpi
idrici all'interno dello stesso bacino idrografico.
7. Nei casi previsti dai commi 4 e 5, i piani di tutela devono comprendere le misure
volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi
della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi,
nonché le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica
deve essere inserita come aggiornamento del piano.
Art.6 Obiettivo di qualità per specifica destinazione
1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita
dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'Art.4, commi 4 e 5, per le acque indicate al
comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica
destinazione stabilito nell'allegato 2, fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono
programmi, che vengono recepiti nel piano di tutela, per mantenere, ovvero adeguare, la
qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica
destinazione. Relativamente alle acque di cui al comma 2 Le regioni predispongono apposito
elenco che provvedono ad aggiornare periodicamente
Capo II: Acque a specifica destinazione
Art.7 Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile
1. Le acque dolci superficiali per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua
potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3 secondo le
caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla tabella 1/A dell'allegato
2.
2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al
comma 1 sono sottoposte ai seguenti trattamenti:
a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinazione edisinfezione.
3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e classificazione delle acque di
cui ai commi 1 e 2 al Ministero della sanità, che provvede al successivo inoltro alla
Commissione europea.
4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e
microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3
possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo nel caso in cui non sia possibile
ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano
sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle
acque destinate al consumo umano.
Art.8 Deroghe
1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni
possono derogare ai valori dei parametri di cui alla tabella 1/A dellallegato 2:
a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nellAllegato 2 tabella 1/A dal simbolo
(o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche
particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con
superamento dei valori fissati per le categorie A1, A2 e A3;
d) nel caso di laghi poco profondi e con acque quasi stagnanti, per i parametri indicati
con un asterisco nellAllegato 2, tabella 1/A, fermo restando che tale deroga è
applicabile unicamente ai laghi aventi una profondità non superiore ai 20 metri, che per
rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano
acque di scarico.
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la
salute pubblica.
Art.9 Acque di balneazione
1. Le acque destinate alla balneazione devono rispondere ai requisiti di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470, e successive modifiche.
2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto
Presidente della Repubblica n. 470 del 1982 le regioni, entro linizio della stagione
balneare successiva a quella dellentrata in vigore del presente decreto e,
successivamente, prima dellinizio della stagione balneare, con periodicità annuale,
comunicano al Ministero dellambiente, secondo le modalità indicate con il decreto
di cui allArt.3, comma 7, tutte le informazioni relative alle cause ed alle misure
che intendono adottare.
Art.10 Acque dolci idonee alla vita dei pesci
1. Ai fini della designazione delle acque dolci che richiedono protezione o
miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci, sono privilegiati:
a) i corsi dacqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve
naturali dello Stato nonché di parchi e riserve naturali regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti
ambiti territoriali;
c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza
internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa
esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica del 13 marzo 1976, n. 448, sulla
protezione delle zone umide, nonché quelle comprese nelle "oasi di protezione della
fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio
1992, n.157;
d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie,
presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in
quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione,
ovvero in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o,
altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica, che presentano un
elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.
2. Sono escluse dallapplicazione del presente Art.e degli articoli 11, 12 e 13,
le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per
lallevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a
uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per
lallontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.
3. Le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi
con quelli imperativi previsti dalla tabella 1/B dellallegato 2, sono classificate,
entro quindici mesi dalla designazione, come acque dolci "salmonicole" o
"ciprinicole".
4. La designazione e la classificazione ai sensi dei commi 1 e 3 sono effettuate dalle
regioni, ricorrendone le condizioni, devono essere gradualmente estese sino a coprire
lintero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare
nellambito del medesimo, tratti come "acqua salmonicola" e tratti come
"acqua ciprinicola".
5. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità
delle acque, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia,
nellambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati,
integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
Art.11 Successive designazioni e revisioni
1. Le regioni sottopongono a revisione la designazione e la classificazione di
alcune acque dolci idonee alla vita dei pesci in funzione di elementi imprevisti o
sopravvenuti.
Art.12 Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci
1. Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci se
rispondono ai requisiti riportati nella tabella 1/B dellallegato 2.
2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri
riportati nella tabella 1/B dellAllegato 2, le autorità competenti al controllo
accertano se linosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad
apporti inquinanti o a eccessivi prelievi e propongono allautorità competente le
misure appropriate.
3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni
promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate
e classificate.
Art.13 Deroghe
1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita
dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella tabella
1/B dellallegato 2, dal simbolo (o), in caso di circostanze meteorologiche
eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri
riportati nella medesima tabella, per arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze
provenienti dal suolo senza intervento diretto delluomo.
Art.14 Acque destinate alla vita dei molluschi
1. Le regioni designano, nellambito delle acque marine costiere e salmastre,
che sono sede di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle
richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e
per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente
commestibili per luomo.
2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione
delle designazioni già effettuate, in funzione dellesistenza di elementi imprevisti
al momento della designazione.
3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità
delle acque, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della provincia e il
Sindaco, nellambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e
motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
Art.15 Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi
1. Le acque designate ai sensi dellArt.14 devono rispondere ai requisiti di
qualità di cui alla tabella 1/C dellallegato 2.
2. Qualora le acque designate non risultano conformi ai requisiti di cui alla tabella
1/C dellallegato 2, le regioni stabiliscono programmi per ridurre
linquinamento.
3. Se da un campionamento risulta che uno o più valori di parametri di cui alla
tabella 1/C dellallegato 2, non sono rispettati, le autorità competenti al
controllo accertano se linosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa
fortuita o ad altri fattori di inquinamento. In tali casi le regioni adottano misure
appropriate.
Art.16 Deroghe
1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai
requisiti alla tabella 1/C dellallegato 2, in caso di condizioni meteorologiche o
geografiche eccezionali.
Art.17 Norme sanitarie
1. Le attività di cui agli articoli 14, 15 e 16 lasciano impregiudicata
lattuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di
produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.
Capo I: Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dallinquinamento e
di risanamento e salvaguardia degli usi sostenibili
Art.18 Aree sensibili
1. Le aree sensibili e sono individuate secondo i criteri dellallegato 6.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate aree sensibili:
a) i laghi di cui allallegato 6, nonché i corsi dacqua ad essi afferenti
per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i
laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971,
resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n.448;
d) le aree costiere dellAdriatico-Nord Occidentale dalla foce dellAdige a
Pesaro e i corsi dacqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea
di costa;
e) i corpi idrici ove si svolgono attività tradizionali di produzione ittica sostenibile
che necessitano di tutela.
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di
Venezia.
4. Sulla base dei criteri stabiliti nellAllegato 6 e sentita lAutorità di
bacino, le regioni, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuano allinterno delle aree
indicate nel comma 2, i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni sulla base di criteri previsti dallallegato 6 delimitano i bacini
drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono allinquinamento di tali aree.
6. Ogni quattro anni si provvede alla reidentificazione delle aree sensibili. Le aree
non più individuate come meno sensibili devono soddisfare entro i successivi sette anni i
requisiti fissati dallArt.31, comma 3, o, se designate come aree sensibili, quelli
di cui allArt.32.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 4 e 6 devono soddisfare i
requisiti dellArt.32 entro sette anni dalla identificazione.
Art.19 Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui allallegato 7/A-I.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate
nellallegato 7/A-III.
3. Entro sei mesi dallentrata in vigore del presente decreto, sulla base dei dati
disponibili, e per quanto possibile sulla base delle indicazioni stabilite
nellallegato 7/A-I, le regioni, sentita lAutorità di bacino, possono
individuare ulteriori zone vulnerabili ovvero, allinterno delle zone indicate
nellallegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.
4. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita lAutorità di bacino, rivedono o
completano le designazioni delle zone vulnerabili per tener conto dei cambiamenti e
fattori imprevisti al momento della precedente designazione. A tal fine le regioni
predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le
concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le
prescrizioni di cui allallegato 7/A-I, nonché riesaminano lo stato eutrofico
causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque
marine costiere.
5. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e 4 devono essere attuati i programmi
di azione di cui al comma 6, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica
agricola di cui al decreto ............ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale .............
6. Entro un anno dallentrata in vigore del presente decreto per le zone designate
ai sensi dei commi 2 e 3 ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone
di cui al comma 4, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui
allallegato 7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se già posti in essere, programmi
dazione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque
dallinquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro
attuazione nellanno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei
successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.
7. Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona
pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul
programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei
programmi di cui al comma 6, i necessari strumenti di controllo e verifica
dellefficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove
necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure
possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure
stesse.
8. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle
verifiche dellefficacia degli stessi e le revisioni effettuate devono essere
comunicati al Ministero dellambiente, secondo le modalità indicate nel decreto di
cui allArt.3, comma 7. Al Ministero per le politiche agricole è data tempestiva
notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma
7, lettera a) nonché degli interventi di formazione e informazione.
9. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque il codice di
buona pratica agricola è di raccomandata applicazione (*) al di fuori delle zone
vulnerabili.
Art.20 Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e altre zone
vulnerabili
1. Con le modalità previste dallArt.19 e sulla base delle indicazioni contenute
nellAllegato 7/B, le regioni identificano le aree di cui allArt.5, comma 21,
del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche
o altri comparti ambientali dallinquinamento derivante dalluso di prodotti
fitosanitari.
2. Le regioni e le autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di
competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e
processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nellambito della pianificazione di bacino e
della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri
previsti nel Piano dAzione Nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1999 n.39.
Art.21 Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988,
n. 236
1. LArt.4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, è
sostituito come segue:
"1. Su proposta delle autorità dambito, le regioni, per mantenere e migliorare
le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo
umano erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico
interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di
salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché,
allinterno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di
protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le autorità
competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione,
la tutela della risorsa ed il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque
destinate al consumo umano.
3. Per la gestione delle aree di salvaguardia si applicano le disposizioni
dellArt.13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 e le disposizioni dellArt.24
della stessa legge, anche per quanto riguarda eventuali indennizzi per le attività
preesistenti."
2. LArt.5 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, è
sostituito come segue:
"1. La zona di tutela assoluta è costituita dallarea immediatamente
circostante le captazioni o derivazioni; essa deve avere una estensione in caso di acque
sotterranee e, ove possibile per le acque superficiali, di almeno dieci metri di raggio
dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente ad
opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio".
3. LArt.6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, è
sostituito come segue:
"1. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la
zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni duso tali da tutelare
qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in
zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia
dellopera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio
della risorsa. In particolare nella zona di rispetto sono vietati linsediamento dei
seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi ed acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che limpiego di
tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di
utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle
tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade;
e) aree cimiteriali ;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo
umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione ed alla protezione delle
caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto
presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione.
E comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
2. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 1, preesistenti, ove possibile e
comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro
allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Le regioni
e le provincie autonome disciplinano, allinterno delle zone di rispetto, le seguenti
strutture od attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere varie, ferroviarie ed in genere infrastrutture di servizio;
d) distribuzione di concimi chimici e fertilizzanti in agricoltura nei casi in cui esista
un piano regionale o provinciale di fertilizzazione.
e) le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di fertilizzazione di cui alla lettera
c) del comma 1.
3. In assenza dellindividuazione da parte della regione della zona di rispetto ai
sensi dellArt.4, comma 1, la medesima ha unestensione di 200 metri di raggio
rispetto al punto di captazione o di derivazione".
4. LArt.7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.236, è
sostituito come segue:
"1. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle
regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare
misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni
per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici da
inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia
di settore.
2. Le regioni, al fine della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non
ancora utilizzate per luso umano, individuano e disciplinano, allinterno delle
zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva".
Capo II
Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico
Art.22 Pianificazione del bilancio idrico
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di
qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare
ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare lequilibrio
del bilancio idrico come definito dallAutorità di bacino, nel rispetto delle
priorità della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e tenendo conto dei fabbisogni, delle
disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e
delle destinazioni duso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche
qualitative e quantitative.
3. Le autorità competenti al rilascio delle concessioni di derivazione ed alla
vigilanza sulle stesse trasmettono alle autorità di bacino competenti ogni informazione
utile in merito alla gestione della concessione evidenziando i particolare le effettive
quantità derivate e le caratteristiche quantitative e qualitative delle acque
eventualmente restituite. Le autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in
proprio possesso allANPA secondo le modalità di cui allArt.3 comma 7.
4. Il Ministro dei lavori pubblici provvede entro sei mesi dallentrata in vigore
del presente decreto a definire, di concerto con gli altri Ministri competenti e previa
intesa con la Conferenza Stato-Regioni, le linee guida per la predisposizione del bilancio
idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e
per la definizione del minimo deflusso vitale.
5. Tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore del
presente decreto sono regolate dallautorità concedente mediante la previsione di
rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici come previsto
dallArt.3, comma 1, lettera i), della legge 18 maggio 1989, n. 183, e
dallArt.3, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 senza che ciò possa dar luogo
alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la
relativa riduzione del canone demaniale di concessione
6. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 le autorità concedenti, a seguito del
censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico provvedono, ove
necessario, alla loro revisione, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o
quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte
della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di
concessione.
Art.23 Modifiche al Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775
1. Il comma 1 bis dellArt.7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque e impianti elettrici approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
introdotto dallArt.3 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 è sostituito
dal seguente:
"1 bis.) Le domande di cui al comma 1 relative sia alle grandi sia alle piccole
derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente interessate
che, nel termine massimo di quaranta giorni dalla ricezione, comunicano il proprio parere
allufficio istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le
previsioni del piano di tutela e, anche in attesa di approvazione dello stesso, ai fini
del controllo sullequilibrio del bilancio idrico o idrologico. Decorso il predetto
termine senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il parere si intende espresso in senso
favorevole".
2. Il comma 1 dellArt.9 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775, è così
sostituito:
"Tra più domande concorrenti, completata listruttoria di cui agli articoli 7 e
8, è preferita quella che da sola o in connessione con altre utenze concesse o richieste
presenti la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti
criteri:
a) lattuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti
anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione, evitando ogni spreco e
destinando preferenzialmente le risorse qualificate alluso potabile;
b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione alluso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico;
d) la quantità e la qualità dellacqua restituita rispetto a quella prelevata.
E preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior
restituzione dacqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso
di più domande concorrenti per usi industriali è altresì preferita quella del
richiedente che aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento CEE
n. 1836/93 del Consiglio del 29 giugno 1993 sulladesione volontaria delle imprese
del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e audit"
3. LArt.12 bis del testo unico approvato con regio decreto 1775/1933, introdotto
dallArt.5 del decreto legislativo 275/1993, è sostituito dal seguente:
"Nel rilascio di concessioni di derivazioni dacqua, lutilizzo di risorse
riservate al consumo umano può essere assentito per usi diversi solo nel caso di ampia
disponibilità delle risorse predette o di accertata carenza qualitativa e quantitativa di
fonti alternative di approvvigionamento; in tal caso il canone di utenza per uso diverso
da quello potabile è triplicato. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui
impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.Il provvedimento di
concessione è rilasciato solo se non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli
obiettivi di qualità definiti per il corso dacqua interessato, se è garantito il
minimo deflusso vitale e se non vi è possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate
o provenienti dalla raccolta di acque piovane, ovvero se il riutilizzo è economicamente
insostenibile. La quantità di acqua concessa è commisurata alla possibilità di
risparmio, di riutilizzo o riciclo della risorsa. Nelle condizioni del disciplinare devono
essere fissate, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative
dellacqua restituita. Analogamente nei casi di prelievo da falda deve essere
garantito lequilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica
dellacquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o
inquinate, e quantaltro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle
acque".
4. LArt.17 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775 è così sostituito:
"Salvo quanto previsto dallArt.93 e dallArt.28, commi 3 e 4, della legge
5 gennaio 1994, n. 36, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un
provvedimento autorizzativo o concessorio dellautorità competente. Nel caso di
violazione del disposto del comma 1, lamministrazione competente dispone
limmediata cessazione dellutenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi
ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento
di una sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni.
Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
cinquecentomila a lire tre milioni. Alla sanzione prevista dal presente Art.non si applica
il pagamento in misura ridotta di cui allArt.16 della legge 24 novembre 1981, n.689.
E in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti".
5. E soppresso il secondo comma dellArt.54 del Regio Decreto 11 dicembre
1933, n.1775.
6. Fatta salva la normativa transitoria di attuazione dellArt.1 della legge 5
gennaio 1994 n.36, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica, in tutto o in
parte abusivamente in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, la
sanzione di cui allArt.17, secondo comma del testo unico approvato con regio decreto
11 dicembre 1933 n.1775 è ridotta ad un quinto qualora sia presentata domanda in
sanatoria entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La
concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle
utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della domanda di
concessione in sanatoria, lutilizzazione può proseguire, fermo restando
lobbligo del pagamento del canone per luso effettuato e il potere
dellautorità concedente di sospendere in qualsiasi momento lutilizzazione
qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento
degli obiettivi di qualità.
7. Il comma 1 dellArt.21 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775, come
modificato dal comma 1 dellArt.29 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è sostituito
dal seguente:
"1. Salvo quanto disposto al comma seguente, tutte le concessioni di derivazione sono
temporanee. La durata delle concessioni, ad eccezione di quelle di grande derivazione
idroelettrica, per le quali resta fermo quanto disposto dallart.36 della legge del
24 aprile 1998, n.128 e relativi decreti legislativi di attuazione della direttiva
96/92/CE, non può eccedere i trenta anni ovvero quaranta per uso irriguo.";
8. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di derivazione già concesse. Ove le
stesse, per effetto del medesimo comma 7 risultino scadute, possono continuare ad essere
esercitate sino alla data di scadenza originaria, purché venga presentata domanda di
rinnovo entro un anno dallentrata in vigore del presente decreto, e fatta salva
lapplicazione di quanto previsto allArt.22.
9. Dopo il comma 3 dellArt.21 del t.u. approvato con R.d. 1775/1933 è inserito
il seguente:
"3 bis. Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle
tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della
quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche
modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti
possibile soddisfare la domanda dacqua attraverso le strutture consortili già
operanti sul territorio.".
Art.24 Acque minerali naturali
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di
sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione
delle acque potabili e delle previsioni del piano di tutela.
Art.25 Risparmio idrico
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie
alleliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il
riciclo ed il riutilizzo, anche mediante lutilizzazione delle migliori tecniche
disponibili.
2. Il comma 1 dellArt.5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 è sostituito dal
seguente:
"1. Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e
leliminazione degli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a
qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi
di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dellutilizzo di acque meno
pregiate per usi compatibili;
c) promuovere linformazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico
domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
d) installare contatori per il consumo dellacqua in ogni singola unità abitativa
nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario
esercitate nel contesto urbano;
e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di collettamento differenziati per le acque
piovane e per le acque reflue."
3. AllArt.5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36dopo il comma 1, è aggiunto il
seguente comma:
"1 bis. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con lassetto urbanistico e
territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine
dellutilizzo di acque meno pregiate, nonché tecniche di risparmio della risorsa. Il
comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede linstallazione di
contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collegamento a reti duali, ove
già disponibili."
4. AllArt.13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sono aggiunte in fine
le seguenti parole:"ed in funzione del contenimento del consumo".
5. Le regioni, sentita le autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio
idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta
individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
Art.26 Riutilizzo dellacqua
1. AllArt.14 della legge 5 gennaio 1994, n.36, dopo il comma 4, è aggiunto il
seguente comma:
"5. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo
produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dellutilizzo
nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando
alla tariffa un correttivo che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della
quantità delle acque primarie impiegate."
2. LArt.6 della legge 5 gennaio 1994, n.36, è sostituito dal seguente:
"1. Con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro per le
politiche agricole, della sanità, dellindustria, del commercio e
dellartigianato, dei lavori pubblici e dintesa con la Conferenza unificata per
i rapporti fra lo Stato e le regioni sono definite norme tecniche per il riutilizzo delle
acque reflue".
"2. Le regioni adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dellacqua e
il riutilizzo delle acque reflue depurate mediante le quali sono in particolare:
a) indicate le migliori tecniche disponibili per la progettazione e lesecuzione
delle infrastrutture nel rispetto delle norme tecniche emanate ai sensi del comma 1;
b) indicate le modalità del coordinamento interregionale anche al fine di servire vasti
bacini di utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque reflue;
c) previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che adottano impianti di riciclo o
riutilizzo.
3. Il decreto di cui allArt.6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come
sostituito dal comma 1 del presente articolo, è emanato entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto.
4. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri
dellambiente e dellindustria, del commercio e dellartigianato e
dintesa la Conferenza Stato-regioni sono definite le modalità per
lapplicazione della riduzione di canone prevista dallArt.18, comma 1, lettere
a) e d), della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
Capo III
Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi
Art.27 Reti fognarie
1. Gli agglomerati devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue
urbane:
a) entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti superiore a
15.000;
b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un numero di abitanti equivalenti compreso tra
2.000 e 15.000.
2. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate
"aree sensibili" gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti devono
essere provvisti di rete fognaria.
3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano
adottando le tecniche migliori che non comportino costi eccessivi, tenendo conto in
particolare:
a) del volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite;
c) della limitazione dellinquinamento delle acque recipienti, dovuto a tracimazioni
causate da piogge violente.
4. Per i nuclei abitativi isolati ovvero laddove la realizzazione di una rete fognaria
non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o
perché comporterebbe costi eccessivi, le regioni identificano sistemi individuali o altri
sistemi pubblici e privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al
comma 7 dellArt.62, che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale,
indicando i tempi di adeguamento.
Art.28 Criteri generali della disciplina degli scarichi
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di
qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite di emissione
previsti nellallegato 5.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nellesercizio della loro autonomia,
tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili,
definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui allallegato 5,
sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in
ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Per le
sostanze indicate nelle tabelle 1, 2, 5 e 3/A dellallegato 5, le regioni non possono
stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nel medesimo allegato 5.
3. Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte
dellautorità competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La
misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dellArt.34, si intende
effettuata subito a monte del punto di immissione in tutte le acque superficiali e
sotterranee, interne e marine, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. Lautorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare
allinterno degli stabilimenti tutte le ispezioni che essa ritenga necessarie per
laccertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa
può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 2, 4, 5, 12,
15 e 16 della tabella 5 dellallegato 5, subiscano un trattamento particolare prima
della loro confluenza nello scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante
diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito
diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli
scarichi parziali contenenti le sostanze indicate ai numeri 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9 e 10
della tabella 5 dellallegato 5, prima del trattamento degli scarichi parziali stessi
per adeguarli ai limiti previsti dal presente decreto. Lautorità competente, in
sede di autorizzazione può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di
lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dallo scarico
terminale di ciascun stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con
valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in
base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico
ricettore, fermo restando che le acque devono essere restituite con caratteristiche
qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso
corpo idrico dal quale sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dallArt.38 e salva diversa normativa regionale, ai fini
della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue
domestiche quelle che presentano caratteristiche qualitative equivalenti, nonchè le acque
reflue provenienti da:
a) imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;
b) imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno
agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del
fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento al netto
delle perdite di stoccaggio e distribuzione;
c) imprese dedite alle attività di cui ai punti 1 e 2 che esercitano anche attività di
trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di
normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia
prima lavorata proveniente per almeno due terzi esclusivamente dallattività di
coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d) impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si
caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato
di specchio di acqua o in cui venga utilizzata una portata dacqua pari o inferiore a
50 litri al minuto secondo
8. Entro sei mesi dallentrata in vigore del presente decreto, e successivamente
ogni due anni, le regioni trasmettono allAgenzia nazionale per la protezione
dellambiente le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché
allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità indicate nel decreto di cui
allArt.3, comma 7.
9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato
dellambiente le regioni pubblicano ogni due anni una relazione sulle attività di
smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità
indicate nel decreto di cui allArt.3, comma 7.
10. Le autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di
programma con i soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico,
il riutilizzo delle acque in scarico ed il recupero come materia prima dei fanghi di
depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire
agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare limiti agli scarichi in
deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle
misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
Art.29 Scarichi sul suolo
1. E vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo fatta
eccezione:
a) per i casi previsti dallArt.27, comma 4;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata
limpossibilità tecnica o leccessiva onerosità a fronte dei benefici
ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi
siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle
regioni ai sensi dellArt.28, comma 2. Sino allemanazione di nuove norme
regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4 dellallegato 5.0
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli
impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti
esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde
acquifere o instabilità dei suoli.
2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo autorizzati
prima dellentrata in vigore del presente decreto in conformità alla normativa
previgente devono, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al
riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui allArt.6,
comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, così come sostituito dallArt.26, comma
2, del presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
lautorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1, autorizzati prima dellentrata
in vigore del presente decreto, devono conformarsi ai limiti della tabella 4
dellallegato 5 entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Sino a tale data devono essere rispettati i limiti della tabella 3 dellallegato 5
ovvero, se più restrittivi, i limiti fissati dalle normative regionali vigenti. Resta
comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1
dellallegato 5.
Art.30 Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
1. E vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1 lautorità competente, dopo indagine
preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per
scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel
corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di
scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 1 il ministero dellambiente per i
giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a terra possono altresì autorizzare lo
scarico di acque risultanti dallestrazione di idrocarburi nelle unità geologiche
profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle
stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le
modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre
sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla
separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la
prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non
possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
4. Per le perforazioni in mare con le quali è svolta attività di prospezione, ricerca
e coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi, lo scarico delle acque
diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal decreto del Ministro
dellambiente del 28 luglio 1994 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 16 agosto
1994 n. 190 e successive modifiche, purché la concentrazione di idrocarburi sia inferiore
a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare é progressivamente sostituito dalla iniezione o
reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più
produttivi, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3.
5. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al comma 4, è autorizzato previa
presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare lassenza di pericoli
per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
6. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 5, gli scarichi nel
sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati alla data di
entrata in vigore del presente decreto, devono essere convogliati in corpi idrici
superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o
allutilizzazione agronomica entro tre anni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
lautorizzazione allo scarico è a tutti gli effetti revocata.
Art.31 Scarichi in acque superficiali
1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i
valori-limite di emissione fissati ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2 in funzione del
perseguimento degli obiettivi di qualità.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie,
provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque
dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di
10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un
trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dellallegato 5, entro il
31 dicembre 2005.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un
trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni
dellallegato 5 e secondo le seguenti cadenze temporali:
a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000
abitanti equivalenti;
b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di
abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;c) entro il 31 dicembre 2005 per gli
scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un
numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.
4. Gli scarichi previsti ai commi 2 e 3 devono rispettare altresì i valori-limite di
emissione fissati ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2.
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie
provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di
quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di
qualità.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone dalta montagna,
al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare, dove a causa delle basse temperature è
difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un
trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché studi dettagliati
comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sullambiente.
Art.32 Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree
sensibili
1. Ferme restando le disposizioni dellArt.28, commi 1 e 2, le acque reflue urbane
provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque
recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento
più spinto di quello previsto dallArt.31 comma 3, secondo i requisiti specifici
indicati nellallegato 5.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può
essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in
ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al
75% per il fosforo totale ovvero per almeno il 75% per lazoto totale.
3. Le regioni individuano (*), tra gli scarichi provenienti dagli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane situati allinterno dei bacini drenanti
afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo allinquinamento di tali
aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del
raggiungimento dellobiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.
Art.33 Scarichi in reti fognarie
1. Ferma restando linderogabilità dei valori-limite di emissione per le sostanze
della tabella 5 dellallegato 5, gli scarichi di acque reflue industriali che
recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni
regolamentari ed ai valori-limite di emissione emanati dai gestori dellimpianto di
depurazione delle acque reflue urbane in conformità ai criteri emanati
dallautorità dambito, in base alla caratteristiche dellimpianto ed in
modo che sia assicurato il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue
domestiche definita ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre
ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal gestore dellimpianto di
depurazione delle acque reflue urbane.
Art.34 Scarichi di sostanze pericolose
1. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della
sostanza considerata nellambiente in cui è effettuato lo scarico, lautorità
competente in sede di rilascio dellautorizzazione può fissare, in particolari
situazioni di accertato pericolo per lambiente anche per la conpresenza di altri
scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli
fissati ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2.
2. Per le sostanze indicate ai numeri 2, 4, 5, 12, 15 e 16 della tabella 5
dellallegato 5, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della
sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico
dellattività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in
conformità con quanto indicato nella stessa tabella.
3. Per le acque di processo contenenti le sostanze delle tabelle 3/A e 5
dellallegato 5, il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo
luscita dallo stabilimento o dallimpianto di trattamento che serve lo
stabilimento medesimo. Lautorità competente può richiedere che tali scarichi
parziali siano tenuti separati dallo scarico generale e trattati come rifiuti, ai sensi
del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22, e successive modifiche e integrazioni.
4. Lautorità che rilascia lautorizzazione per le sostanze della tabella
3/A dellallegato 5, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi
e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.
Capo IV
Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici
Art.35 Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di
posa in mare di cavi e condotte
1. Al fine della tutela dellambiente marino ed in conformità alle disposizioni
delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita limmersione
deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o
in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni
costieri, dei seguenti materiali:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia
dimostrata la compatibilità ambientale e linnocuità;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante
lattività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
2. Lautorizzazione allimmersione in mare dei materiali di cui al comma 1,
lettera a), è rilasciata dallautorità competente solo quando è dimostrata,
nellambito dellistruttoria, limpossibilità tecnica o economica del loro
utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero ovvero lo smaltimento alternativo in
conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dellambiente di
concerto con i Ministri dei lavori pubblici, dei trasporti e per le politiche agricole,
previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, da emanarsi entro 60 giorni
dallentrata in vigore del presente decreto.
3. Limmersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad
autorizzazione (*), con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di
impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura
delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione allautorità competente.
4. Limmersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è
soggetta ad autorizzazione.
5. Lattività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione
regionale rilasciata, in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro
dellambiente, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
Art.36 Autorizzazione al trattamento di rifiuti costituiti da acque reflue
1.Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 è vietato lutilizzo degli impianti di
trattamento di acque urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In deroga al comma 1, la competente autorità in relazione a particolari esigenze e nei
limiti della capacità residua di trattamento può autorizzare il gestore di impianti di
trattamento di acque reflue allo smaltimento di rifiuti liquidi limitatamente alle
tipologie compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato è, comunque, autorizzato ad accettare
rifiuti costituiti da acque reflue negli impianti di trattamento di cui al comma 1
purché:
a) gli impianti abbiano caratteristiche e capacità depurativa adeguata e rispettino
comunque i valori limite di cui allArt.28 comma 1 e 2;
b) rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
c) provengano da scarichi, di acque reflue domestiche o industriali, prodotti nel medesimo
ambito territoriale ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n.36.
4. Allo smaltimento dei rifiuti costituiti da acque reflue, di cui al presente
articolo, si applica la tariffa prevista per il servizio di depurazione di cui
allArt.14 della legge 5 gennaio 1994, n.36.
5. Il produttore ed il trasportatore di rifiuti costituiti da acque reflue sono tenuti
al rispetto della normativa in materia di rifiuti del decreto legislativo del 5 febbraio
1997, n.22 e successive modifiche ed integrazioni. Il gestore dellimpianto di
trattamento di rifiuti, costituiti da acque reflue è soggetto agli obblighi di cui
allArt.12 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n.22.
Art.37 Impianti di acquacoltura e piscicoltura
1. Con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri per le
politiche agricole, dei lavori pubblici, dellindustria, del commercio e
dellartigianato, della sanità e, previa intesa con Conferenza Stato Regioni, sono
individuati i criteri relativi al contenimento dellimpatto sullambiente
derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.
Art.38 Utilizzazione agronomica
1. Lapplicazione al terreno degli effluenti di allevamento zootecnico è
soggetta a comunicazione da effettuare almeno trenta giorni prima dellinizio di tali
attività alle autorità competenti che, nel medesimo termine, possono dare le opportune
prescrizioni.
2. Fermo restando quanto previsto dallArt.19, entro centottanta giorni
dallentrata in vigore del presente decreto il Ministro per le politiche agricole,
con proprio decreto, di concerto con i Ministri dellambiente, dellindustria,
del commercio e dellartigianato, della sanità e dei lavori pubblici, di intesa con
la Conferenza Stato regioni, stabilisce (*) le modalità per la comunicazione, i criteri
per il controllo, le norme tecniche per lutilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto
dalla legge 11 novembre 1996 n.574, e delle acque reflue provenienti da allevamenti ittici
e da aziende agricole e agroalimentari. anche ai fini delle eventuali prescrizioni di cui
al comma 1.
3. Salvo diversa disciplina regionale, il comune ordina la sospensione
dellattività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto
delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite.
Art.39 Acque di prima pioggia e di lavaggio di aree esterne
1. Le regioni disciplinano i casi in cui può essere richiesto, che le acque di prima
pioggia e di lavaggio delle aree esterne non recapitanti in reti fognarie siano
convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari
stabilimenti nei quali vi sia il rischio di deposizione di sostanze pericolose sulle
superfici impermeabili scoperte.
Art.40 Dighe
1. Le regioni adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque
utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di
potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da
quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il
mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Titolo II.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia
sia della qualità dellacqua invasata, sia del corpo recettore, le operazioni di
svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di
gestione di ciascun impianto. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il
quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da
eseguire sullimpianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore,
dellecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate
e rilasciate a valle dello sbarramento durante le operazioni stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli
organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano
valide in ogni caso le disposizioni fissate tal decreto del Presidente della Repubblica
1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di gestione di cui al comma 2, è predisposto dal gestore sulla base dei
criteri fissati con decreto del Ministro dei lavori pubblici e del Ministro
dellambiente di concerto con i Ministri dellindustria del commercio e
dellartigianato e con quello per le politiche agricole, previa intesa con la
Conferenza Stato Regioni, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni,
entro sei mesi dalla sua presentazione, sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle
aree protette direttamente interessate; è trasmesso al Registro italiano dighe per
linserimento come parte integrante del foglio condizioni per lesercizio e la
manutenzione di cui allArt.6 del decreto del Presidente della Repubblica 1°
novembre 1959, n.1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si
intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza
che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il
potere di tali enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
6. Con lapprovazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le
operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel
progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti ai sensi dellArt.89,
comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, le amministrazioni (*)
determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento
degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti sono tenuti a presentare il progetto di cui al
comma 2 entro sei mesi dallemanazione del decreto di cui al comma 4. Fino
allapprovazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 4, le operazioni
periodiche di manovre prescritte ai sensi dellArt.17 del decreto del Presidente
della Repubblica 1 novembre 1959 n. 1363 volte a controllare la funzionalità degli organi
di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per lesercizio e la
manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono
pregiudicare gli usi in atto a valle dellinvaso, né il rispetto degli obiettivi di
qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.
Art.41 Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
1. Ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del Regio Decreto 25 luglio 1904, n.
523, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea
nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi
sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di
conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità
dellalveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le
regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del
soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni
e lagune comunque vietando la copertura dei corsi dacqua, che non sia imposta da
ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento
dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti allautorizzazione
prevista dal Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli
interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei
torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di
destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di
ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree
naturali protette statali o regionali inserite nellelenco ufficiale di cui
allArt.3, comma 4, lettera c) della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la concessione è
gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio
1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
Capo I:
Piani di tutela delle acque
Art.42 Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi
dellimpatto esercitato dallattività antropica
1. Al fine di garantire lacquisizione delle informazioni necessarie alla redazione
del piano di tutela, le regioni provvedono ad elaborare programmi di rilevamento dei dati
utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare limpatto
antropico esercitato sul medesimo.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui
allallegato 3 e sono resi operativi entro il 31 dicembre 2000 e sono aggiornati ogni
sei anni.
3. Nellespletamento dellattività conoscitiva di cui al comma 1, le
amministrazioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite, con
particolare riguardo a quelle preordinate alla redazione dei piani di risanamento delle
acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319 nonché a quelle previste dalla legge 18
maggio 1989, n.183.
Art.43 Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici
1. Le regioni elaborano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo
e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee allinterno di ciascun bacino
idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui
agli allegato 1 (*) e resi operativi entro il 31 dicembre 2000. Tali programmi devono
devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica
destinazione stabiliti in conformità allallegato 2.
3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni
raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dellambiente,
nellesercizio delle rispettive competenze, le regioni possono promuovere accordi di
programma con le strutture definite ai sensi dellArt.92 del decreto legislativo del
31 marzo 1998 n. 112, con lAgenzia nazionale per la protezione dellambiente,
le agenzie regionali e provinciali dellambiente, le province, le autorità
dambito, i consorzi di bonifica e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi
devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di
interscambio delle informazioni.
Art.44 Piani di tutela delle acque
1. Il piano di tutela delle acque costituisce un piano stralcio di settore del piano di
bacino ai sensi dellArt.17, comma 6 ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183, ed è
articolato secondo le specifiche indicate nellallegato 4.
2. Entro il 31 dicembre 2001 le autorità di bacino di rilievo nazionale ed
interregionale, sentite le province e le autorità dambito, definiscono gli
obiettivi su scala di bacino, cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché
le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2003, le regioni, sentite le province
e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il piano di tutela
delle acque e lo trasmettono alle competenti autorità di bacino.
3. Il piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui al presente decreto, le misure
necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
4. A tal fine il piano di tutela contiene in particolare:
a) i risultati dellattività conoscitiva;
b) lindividuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica
destinazione;
c) lelenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti
specifiche misure di prevenzione dallinquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per
bacino idrografico;
e) lindicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative
priorità;
f) il programma di verifica dellefficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
5. Entro 60 giorni dalla trasmissione del piano di cui al comma 2 le autorità di
bacino nazionali o interregionali verificano la conformità del piano agli obiettivi e
alle priorità del comma 2 esprimendo parere vincolante. Il piano di tutela è approvato
dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
6. Per i bacini regionali le regioni approvano il piano entro sei mesi
dalladozione e comunque non oltre il 31 dicembre 2004.
CAPO II:
Autorizzazione agli scarichi
Art.45 Criteri generali
1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
2. Lautorizzazione è rilasciata al titolare dellattività da cui origina lo
scarico. Ove tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per leffettuazione in
comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati,
lautorizzazione è rilasciata in capo al consorzio medesimo, ferme restando le
responsabilità dei singoli consorziati e del gestore del relativo impianto di depurazione
in caso di violazione delle disposizioni del presente decreto. (*) Si applica
lart.62 comma 11, secondo periodo, del presente decreto.
3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti
fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito
dalle regioni nellambito della disciplina di cui allArt.28, commi 1 e 2.
4. In deroga al comma 1 gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono
sempre ammessi nellosservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio
idrico integrato. Per gli insediamenti le cui acque reflue non recapitano in reti fognarie
il rilascio della concessione edilizia è comprensiva dellautorizzazione dello
scarico.
5. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli
impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.
6. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla
provincia ovvero al comune se lo scarico è in pubblica fognatura. Lautorità
competente provvede entro novanta giorni dalla recezione della domanda.
7. Lautorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno
prima della scadenza ne deve essere richiesto il rinnovo. Lo scarico può essere
provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella
precedente autorizzazione, fino alladozione di un nuovo provvedimento, se la domanda
di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze
pericolose di cui allArt.34, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro
e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo
scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può
prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad
autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.
8. Per gli scarichi in un corso dacqua che ha portata naturale nulla per oltre
120 giorni ovvero in un corpo idrico non significativo, lautorizzazione tiene conto
del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico e stabilisce
prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore
e la difesa delle acque sotterranee.
9. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e
alle condizioni locali dellambiente interessato, lautorizzazione contiene le
ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che gli scarichi, ivi comprese le
operazioni ad esso funzionalmente connesse, siano effettuati in conformità alle
disposizioni del presente decreto e senza pregiudizio per il corpo ricettore, per la
salute pubblica e lambiente.
10. Le spese occorrenti per effettuare i rilievi, gli accertamenti, i controlli e i
sopralluoghi necessari per listruttoria delle domande dautorizzazione previste
dal presente decreto sono a carico del richiedente. Lautorità competente determina,
in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito,
quale condizione di procedibilità della domanda. Lautorità stessa, completata
listruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute.
11. Per gli insediamenti soggetti a diversa destinazione, ad ampliamento, a
ristrutturazione o la cui attività sia trasferita in altro luogo deve essere richiesta
una nuova autorizzazione allo scarico, ove prevista.
Art.46 Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere
accompagnata dallindicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello
scarico, della quantità di acqua da prelevare nellanno solare, del corpo ricettore
e del punto previsto per il prelievo al fine del controllo, dalla descrizione del sistema
complessivo di scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse,
dalleventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, dalla
indicazione dei mezzi tecnici impiegati nel processo produttivo e nei sistemi di scarico,
nonchè dallindicazione dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il
rispetto dei valori limite di emissione.
2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dellallegato 5 (*),
la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:
a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la
produzione ovvero la trasformazione ovvero lutilizzazione delle sostanze di cui alla
medesima tabella, ovvero la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di
produzione deve essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata
per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni
lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo;
Art.47 Approvazione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane
1. Salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, le regioni
disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di depurazione di
acque reflue urbane che tengono conto dei criteri di cui allallegato 5 e della
corrispondenza tra la capacità dellimpianto e le esigenze delle aree asservite,
nonché delle modalità delle gestioni che devono assicurare il rispetto dei valori limite
degli scarichi, e definiscono le relative fasi di autorizzazione provvisoria necessaria
allavvio dellimpianto ovvero in caso di realizzazione per lotti funzionali.
Art.48 Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 e
successive modifiche, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono
sottoposti alla disciplina (*) dei rifiuti. I fanghi devono essere riutilizzati ogni
qualvolta ciò risulti appropriato.
2. E comunque vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e
salmastre.
3. Lo smaltimento dei fanghi nelle acque marine mediante immersione da nave, scarico
attraverso condotte ovvero altri mezzi è autorizzato ai sensi dellArt.18, comma 2,
lettera p-bis) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e deve comunque cessare
entro il 2003. Fino a tale data le quantità totali di materie tossiche, persistenti
ovvero bioaccumulabili, devono essere progressivamente ridotte. In ogni caso le modalità
di smaltimento devono rendere minimo limpatto negativo sullambiente.
Capo III:
Controllo degli scarichi
Art.49 Soggetti tenuti al controllo
1. Lautorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un
programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli
preventivi e successivi.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura
lente gestore, ai sensi dellArt.26 della legge 5 gennaio 1994, n. 36,
organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella
convenzione di gestione.
Art.50 Accessi ed ispezioni
1. Il soggetto incaricato del controllo è autorizzato a effettuare le ispezioni, i
controlli e i prelievi necessari allaccertamento del rispetto dei valori limite di
emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e
delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico
è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire laccesso ai luoghi dai
quali origina lo scarico.
Art.51 Inosservanza delle prescrizioni dellautorizzazione allo scarico
1. Ferma restando lapplicazione delle norme sanzionatorie di cui al Titolo V, in
caso di inosservanza delle prescrizioni dellautorizzazione allo scarico,
lautorità competente al controllo procede, secondo la gravità
dellinfrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le
irregolarità; b) alla diffida e contestuale sospensione dellautorizzazione per un
tempo determinato, ove si manifestano situazioni di pericolo per la salute pubblica e per
lambiente; c) alla revoca dellautorizzazione in caso di mancato adeguamento
alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinano
situazione di pericolo per la salute pubblica e per lambiente.
Art.52 Controllo degli scarichi di sostanze pericolose
1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla tabella 3/A e alla tabella 5
dellallegato 5 lautorità competente nel rilasciare lautorizzazione può
prescrivere, a carico del titolare, linstallazione di strumenti di controllo in
automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi
risultati, che devono rimanere a disposizione dellautorità competente al controllo
per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.
Art.53 Interventi sostitutivi
1. Nel caso in cui non vengano effettuati i controlli ambientali previsti dal presente
decreto, il Ministro dellambiente diffida la regione a provvedere nel termine di sei
mesi ovvero nel termine imposto dalle esigenze di tutela sanitaria e ambientale. In caso
di persistente inadempienza provvede il Ministro dellambiente, previa delibera del
Consiglio dei ministri, in via sostitutiva, con oneri a carico dellEnte
inadempiente.
2. Nellesercizio dei poteri sostitutivi, il Ministro dellambiente nomina un
commissario ad acta che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla
normativa vigente a carico delle regioni al fine dellorganizzazione del sistema dei
controlli.
CAPO I:
Sanzioni amministrative e danno ambientale
Art.54 Sanzioni amministrative
1.Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nelleffettuazione di uno scarico
ovvero di una immissione occasionale, supera i valori limite di emissione fissati nelle
tabelle di cui allallegato 5, ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni
a norma dellArt.28, comma 2, ovvero quelli fissati dallautorità competente a
norma dellArt.34, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da lire cinque
milioni a lire cinquanta milioni. Se linosservanza dei valori limite riguarda
scarichi ovvero immissioni occasionali recapitanti nelle aree di salvaguardia delle
risorse idriche destinate al consumo umano di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 così come modificato dallArt.21 ovvero in corpi
idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la
sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni.
2. Chiunque apre o comunque effettua scarichi di acque reflue domestiche o di reti
fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza lautorizzazione
di cui allArt.45, ovvero continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che
lautorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione
amministrativa da lire dieci milioni a lire centro milioni. Nellipotesi di scarichi
relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da uno a cinque
milioni.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettua o mantiene uno scarico
senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione, ovvero per
gli scarichi di cui allArt.33, comma 1, le prescrizioni regolamentari e le altre
norme tecniche fissate dallente gestore, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire due milioni a lire venticinque milioni.
4. Si applica la stessa sanzione prevista dal comma 3 a chi effettuando al momento
allentrata in vigore del presente decreto scarichi di acque reflue domestiche
autorizzati in base alla normativa previgente, non ottempera alle disposizioni di cui
allArt.62, comma 12.
5. Chiunque viola le prescrizioni concernenti linstallazione e la gestione dei
controlli in automatico ovvero lobbligo di conservazione dei risultati degli stessi,
di cui al primo comma dellArt.52, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire venticinque milioni.
6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettua limmersione in mare
dei materiali indicati allArt.35, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolge
lattività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza
autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire due milioni a
lire venti milioni.
7. Chiunque applica al terreno degli effluenti zootecnici senza aver effettuato
tempestivamente la comunicazione prescritta dallArt.38, comma 1, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria, da lire un milioni a lire cinque milioni. Si applica
la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci milioni a chiunque
non osserva le prescrizioni impartite dalle autorità competente ai sensi
dellArt.38, comma 1, ovvero non ottempera allordine di sospensione
dellattività impartito a norma dellArt.38, comma 3.
8. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato non osserva il divieto di smaltimento
dei fanghi previsto dallArt.48, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire dieci milioni a lire cento milioni.
9. Il titolare di uno scarico che non consente laccesso agli insediamenti da
parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui allArt.28, comma 3, e 4,
è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.
10. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni, chiunque:
a) nelleffettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle
dighe, supera i limiti o non osserva le altre prescrizioni contenute nello specifico
progetto di gestione dellimpianto di cui allArt.40, comma 2; b) effettua le
medesime operazioni prima dellapprovazione del progetto di gestione.
Art.55 Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
236
1. Il comma 3 dellArt.21, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 236, è così modificato:
"Linosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni
vietate nelle aree di salvaguardia e nei piani di intervento di cui allArt.18 è
punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire dieci
milioni."
2. Il comma 4 dellArt.21 del decreto del Presidente della repubblica 24 maggio
1988 n.236 è così modificato:
"I contravventori alle disposizioni di cui allArt.15 sono puniti con la
sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni."
Art.56 Competenza e giurisdizione
1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di
accertamento degli illeciti amministrativi, allirrogazione delle sanzioni
amministrative pecuniarie provvede la regione o la provincia autonoma nel cui territorio
è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dallArt.54,
commi 8 e 9 per le quali è competente il comune, salve le attribuzioni affidate dalla
legge ad altre pubbliche autorità.
2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al
comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui allArt.23 della legge 24
novembre 1981, n. 689.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata in vigore del presente decreto
lautorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza
di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai
fini dellapplicazione delle sanzioni amministrative. 4. Alle sanzioni amministrative
pecuniarie previste dal presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di
cui allart. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Art.57 Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dal presente
decreto, sono versate allentrata del bilancio regionale per essere riassegnate ai
capitoli di spesa destinati alle opere di risanamento e di riduzione
dellinquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle
somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.
Art.58 Danno ambientale, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati
1.Chi con il proprio comportamento omissivo o commissivo in violazione delle disposizioni
del presente decreto provoca un danno alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle altre
risorse ambientali, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di inquinamento
ambientale, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza,
di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali è
derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento, ai sensi e secondo il
procedimento di cui allart. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Ai sensi dellArt.18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, è fatto salvo il
diritto ad ottenere il risarcimento del danno non eliminabile con la bonifica ed il
ripristino ambientale di cui al comma 1.
3. Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione del danno di cui al
comma 2, lo stesso si presume, salvo prova contraria, di ammontare non inferiore alla
somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa, ovvero alla sanzione penale,
in concreto applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata una pena detentiva, solo al fine
della quantificazione del danno di cui al presente comma, il ragguaglio fra la stessa e la
pena pecuniaria, ha luogo calcolando quattrocentomila lire, per un giorno di pena
detentiva. In caso di sentenza di condanna in sede penale o di emanazione del
provvedimento di cui allart.444 del codice di procedura penale., la cancelleria del
giudice che ha emanato il provvedimento trasmette copia dello stesso al Ministero
dellambiente. Gli enti di cui al comma 1 dellart. 56 danno prontamente notizia
dellavvenuta erogazione delle sanzioni amministrative al Ministero
dellambiente al fine del recupero del danno ambientale.
4. Chi non ottempera alle prescrizioni di cui al comma 1, è punito con larresto
da sei mesi ad un anno e con lammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta
milioni.
CAPO II:
Sanzioni penali
Art.59 Sanzioni penali
1. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza
autorizzazione, ovvero continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che
lautorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con larresto da due
mesi a due anni o con lammenda da lire due milioni a lire quindici milioni.
2. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace chi - effettuando al momento di
entrata in vigore della presente decreto scarichi di acque reflue industriali autorizzati
in base alla normativa previgente - non ottempera alle disposizioni di cui allart.
62, comma 12.
3. Quando le condotte descritte ai commi 1 e 2 riguardano gli scarichi di acque reflue
industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di
sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A dellallegato 5, la pena è dellarresto
da tre mesi a tre anni.
4. Chiunque effettua uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze
pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A
dellallegato 5 senza osservare le prescrizioni dellautorizzazione, ovvero le
altre prescrizioni richieste dallautorità competente a norma dellArt.34,
comma 3, è punito con larresto sino a due anni.
5. Chiunque, nelleffettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, ovvero
da una immissione occasionale, supera i valori limite fissati nella tabella 3
dellallegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 ovvero i limiti
più restrittivi fissati dalle regioni o delle province autonome, è punito con
larresto fino a due anni e con lammenda da lire cinque milioni a lire
cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze
contenute nella tabella 3A dellallegato 5, si applica larresto da sei mesi a
tre anni e lammenda a lire dieci milioni a lire duecento milioni.
6. Le sanzioni di cui al comma precedente si applicano altresì al gestore di impianti
di depurazione che, per dolo o per grave negligenza, nelleffettuazione dello scarico
supera i valori limite previsti dallo stesso comma.
7. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dallautorità competente ai
sensi dellArt.10, comma 5, ovvero dellArt.12, comma 2, è punito con
lammenda da lire due milioni a lire venti milioni.
8. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 29 e 30, è punito
con larresto sino a tre anni.
9. Chiunque non osserva le prescrizioni regionali assunte a norma dellArt.15,
commi 2 e 3, dirette ad assicurare il raggiungimento ovvero il ripristino degli obiettivi
di qualità delle acque designate ai sensi dellArt.14, ovvero non ottempera ai
provvedimenti adottati dallautorità competente ai sensi dellArt.14, comma 3,
è punito con larresto sino a due anni o con lammenda da lire sette milioni a
lire settanta milioni.
10. Nei casi previsti dal comma 7, il Ministro della sanità e dellambiente
nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali sono inviati copia delle
notizie di reato, possono indipendentemente dallesito del giudizio penale, disporre,
ciascuno per quanto di competenza, la sospensione in via cautelare dellattività di
molluschicoltura e, a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi
dellArt.444 del codice di procedura penale definitive, valutata la gravità dei
fatti, disporre la chiusura degli impianti.
11. Si applica sempre la pena dellarresto da due mesi a due anni se lo scarico
nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i
quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute
nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dallItalia, salvo
che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici,
chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare. Resta fermo, in
questultimo caso lobbligo della preventiva autorizzazione da parte
dellautorità competente.
Art.60 Obblighi del condannato
1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nel presente decreto, o con la
decisione emessa ai sensi dellArt.444 del codice di procedura penale, il beneficio
della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del
danno e allesecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino
di cui allArt.58.
Art.61 Circostanza attenuante
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dellordinanza-ingiunzione, ha
riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente
titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.
Art.62 Norme transitorie e finali
1. Il presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive
comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente linquinamento provocato da certe sostanze
pericolose scaricate nellambiente idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono
protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti
e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla
molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee
dallinquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli
scarichi di mercurio del settore dellelettrolisi dei cloruri alcalini;
h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli
scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli
scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dellelettrolisi dei
cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli
scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dellallegato II della direttiva
86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di
talune sostanze pericolose che figurano nellelenco I dellallegato della
direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i
valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose
che figurano nellelenco I della direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato
dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda
alcuni requisiti dellallegato I.
2. Le previsioni del presente decreto possono essere derogate solo temporaneamente e in
caso di comprovate circostanze eccezionali, per motivi di sicurezza idraulica volti ad
assicurare lincolumità delle popolazioni.
3. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento
alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dellArt.28, comma 2,
contenute nella legislazione regionale attuativa del presente decreto e nei piani di
tutela di cui allArt.44, comma 3.
4. Resta fermo quanto disposto dallArt.36 della legge 24 aprile 1998, n.128 e
relativi decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.
5. Labrogazione degli articoli 16 e 17 della legge 10 maggio 1976, n. 319 così
come modificato ed integrato, questultimo, dallArt.2, commi 3 e 3 bis, del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n.79, convertito con modificazioni nella legge 17
maggio 1995, n.172, ha effetto dallapplicazione della tariffa del servizio idrico
integrato di cui agli articoli 13 e seguenti della legge 5 gennaio 1994, n.36.
6. Il canone o diritto di cui allArt.16 della legge 10 maggio 1976, n. 319 e
successive modificazioni continua ad applicarsi in relazione ai presupposti di imposizione
verificatisi anteriormente allabrogazione del tributo ad opera del presente decreto.
Per laccertamento e la riscossione si osservano le disposizioni relative al tributo
abrogato.
7. Per quanto non espressamente disciplinato dal presente decreto, continuano ad
applicarsi le norme tecniche di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la
tutela delle acque del 4 febbraio 1977 e successive modifiche ed integrazioni, pubblicata
sulla Gazzetta ufficiale n. 48 in data 21 febbraio 1977.
8. Le norme regolamentari e tecniche emanate ai sensi delle disposizioni abrogate con
lArt.63 restano in vigore, ove compatibili con gli allegati al presente decreto e
fino alladozione di specifiche normative in materia.
9. Le aziende agricole esistenti tenute al rispetto del codice di buona pratica
agricola ai sensi dellArt.19, comma 5 devono provvedere alladeguamento delle
proprie strutture entro due anni dalla data di designazione delle zone vulnerabili da
nitrati di origine agricola
10. Fino allemanazione del decreto di cui allArt.38, le attività di
utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla
data di entrata in vigore del presente decreto.
11. Fatte salve le disposizioni specifiche previste dal presente decreto, i titolari
degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla nuova disciplina entro tre anni
dallentrata in vigore del presente decreto, anche nel caso di scarichi per i quali
lobbligo di autorizzazione è stato introdotto dalla presente normativa. I titolari
degli scarichi esistenti e autorizzati procedono alla richiesta di autorizzazione in
conformità alla presente normativa allo scadere dellautorizzazione e comunque non
oltre quattro anni dallentrata in vigore del presente decreto.
12. Coloro che effettuano scarichi già esistenti di acque reflue, sono obbligati, fino
al momento nel quale devono osservare i limiti di accettabilità stabiliti dal presente
decreto, ad adottare le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo
dellinquinamento. Essi sono comunque tenuti ad osservare le norme tecniche e le
prescrizioni stabilite dalle regioni, dallente gestore delle fognature e dalle altre
autorità competenti in quanto compatibili con le disposizioni relative alla tutela
qualitativa e alle scadenze temporali del presente decreto e, in particolare, con quanto
già previsto dalla normativa previgente.
13. Dallattuazione del presente decreto non devono derivare maggiori oneri o
minori entrate a carico del bilancio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dal
successivo comma 14;
14. Le regioni, e le provincie autonome e gli enti attuatori provvedono agli
adempimenti previsti dal presente decreto anche sulla base di risorse finanziarie definite
da successive disposizioni di finanziamento nazionali e comunitarie.
15. Allart.8, comma 2, della Legge 8 ottobre 1997, n.344 sostituire al comma 1
così come modificato, il periodo: "tenendo conto della direttiva 91/271/CEE del
Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane"
con il seguente periodo "tenendo conto del decreto legislativo recante disposizioni
sulla tutela delle acque dallinquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE
concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa
alla protezione delle acque dallinquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle
fonti agricole"
Art.63 Abrogazione di norme
1. Fermo restando quanto previsto dallArt.3, comma 2, a decorrere dalla data di
entrata in vigore del presente Decreto sono abrogate le norme contrarie o incompatibili
con esso, ed in particolare:
legge 10 maggio 1976, n.319;
legge 8 ottobre 1976, n.690, di conversione con modificazioni del decreto legge 10 agosto
1976, n.544;
legge 24 dicembre 1979, n.650;
legge 5 marzo 1982, n.62, di conversione con modificazioni del decreto legge 30 dicembre
1981, n.801;
decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n.515;
legge 25 luglio 1984, n.381 di conversione con modificazioni del decreto legge 29 maggio
1984, n.176;
gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n.71 di conversione in legge del decreto
legge 5 febbraio 1990, n.16;
decreto legislativo 25 gennaio, 1992, n.130;
decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n.131;
decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n.132;
decreto legislativo 27 gennaio, 1992, n.133;
Art.2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione con modificazione
del decreto legge 9 ottobre 1993, n. 408;
Art.9 bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione con modificazioni del
decreto legge 23 ottobre 1996, n. 552;
legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione del decreto legge 17 marzo 1995, n.79.
2. Sono fatti salvi, in ogni caso, gli effetti finanziari derivanti dai provvedimenti
di cui al comma 1.
|