D. Lgs.11 Maggio 1999 n°152 (Titolo III)
Le normative
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TITOLO III
TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI
Capo I: Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dallinquinamento e
di risanamento e salvaguardia degli usi sostenibili
Art.18 Aree sensibili
1. Le aree sensibili e sono individuate secondo i criteri dellallegato 6.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate aree sensibili:
a) i laghi di cui allallegato 6, nonché i corsi dacqua ad essi afferenti
per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i
laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971,
resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n.448;
d) le aree costiere dellAdriatico-Nord Occidentale dalla foce dellAdige a
Pesaro e i corsi dacqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea
di costa;
e) i corpi idrici ove si svolgono attività tradizionali di produzione ittica sostenibile
che necessitano di tutela.
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di
Venezia.
4. Sulla base dei criteri stabiliti nellAllegato 6 e sentita lAutorità di
bacino, le regioni, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuano allinterno delle aree
indicate nel comma 2, i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni sulla base di criteri previsti dallallegato 6 delimitano i bacini
drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono allinquinamento di tali aree.
6. Ogni quattro anni si provvede alla reidentificazione delle aree sensibili. Le aree
non più individuate come meno sensibili devono soddisfare entro i successivi sette anni i
requisiti fissati dallArt.31, comma 3, o, se designate come aree sensibili, quelli
di cui allArt.32.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 4 e 6 devono soddisfare i
requisiti dellArt.32 entro sette anni dalla identificazione.
Art.19 Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui allallegato 7/A-I.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate
nellallegato 7/A-III.
3. Entro sei mesi dallentrata in vigore del presente decreto, sulla base dei dati
disponibili, e per quanto possibile sulla base delle indicazioni stabilite
nellallegato 7/A-I, le regioni, sentita lAutorità di bacino, possono
individuare ulteriori zone vulnerabili ovvero, allinterno delle zone indicate
nellallegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.
4. Almeno ogni quattro anni le regioni, sentita lAutorità di bacino, rivedono o
completano le designazioni delle zone vulnerabili per tener conto dei cambiamenti e
fattori imprevisti al momento della precedente designazione. A tal fine le regioni
predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le
concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le
prescrizioni di cui allallegato 7/A-I, nonché riesaminano lo stato eutrofico
causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque
marine costiere.
5. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 3 e 4 devono essere attuati i programmi
di azione di cui al comma 6, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica
agricola di cui al decreto ............ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale .............
6. Entro un anno dallentrata in vigore del presente decreto per le zone designate
ai sensi dei commi 2 e 3 ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone
di cui al comma 4, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui
allallegato 7/A-IV, definiscono ovvero rivedono, se già posti in essere, programmi
dazione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque
dallinquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro
attuazione nellanno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 3 e nei
successivi quattro anni per le zone di cui al comma 4.
7. Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona
pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul
programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei
programmi di cui al comma 6, i necessari strumenti di controllo e verifica
dellefficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove
necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure
possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure
stesse.
8. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle
verifiche dellefficacia degli stessi e le revisioni effettuate devono essere
comunicati al Ministero dellambiente, secondo le modalità indicate nel decreto di
cui allArt.3, comma 7. Al Ministero per le politiche agricole è data tempestiva
notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma
7, lettera a) nonché degli interventi di formazione e informazione.
9. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque il codice di
buona pratica agricola è di raccomandata applicazione (*) al di fuori delle zone
vulnerabili.
Art.20 Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e altre zone
vulnerabili
1. Con le modalità previste dallArt.19 e sulla base delle indicazioni contenute
nellAllegato 7/B, le regioni identificano le aree di cui allArt.5, comma 21,
del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche
o altri comparti ambientali dallinquinamento derivante dalluso di prodotti
fitosanitari.
2. Le regioni e le autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di
competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e
processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nellambito della pianificazione di bacino e
della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri
previsti nel Piano dAzione Nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1999 n.39.
Art.21 Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988,
n. 236
1. LArt.4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, è
sostituito come segue:
"1. Su proposta delle autorità dambito, le regioni, per mantenere e migliorare
le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo
umano erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico
interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di
salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché,
allinterno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di
protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le autorità
competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione,
la tutela della risorsa ed il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque
destinate al consumo umano.
3. Per la gestione delle aree di salvaguardia si applicano le disposizioni
dellArt.13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 e le disposizioni dellArt.24
della stessa legge, anche per quanto riguarda eventuali indennizzi per le attività
preesistenti."
2. LArt.5 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, è
sostituito come segue:
"1. La zona di tutela assoluta è costituita dallarea immediatamente
circostante le captazioni o derivazioni; essa deve avere una estensione in caso di acque
sotterranee e, ove possibile per le acque superficiali, di almeno dieci metri di raggio
dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente ad
opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio".
3. LArt.6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, è
sostituito come segue:
"1. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la
zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni duso tali da tutelare
qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in
zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia
dellopera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio
della risorsa. In particolare nella zona di rispetto sono vietati linsediamento dei
seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi ed acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che limpiego di
tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di
utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle
tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade;
e) aree cimiteriali ;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo
umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione ed alla protezione delle
caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto
presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione.
E comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.
2. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 1, preesistenti, ove possibile e
comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro
allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Le regioni
e le provincie autonome disciplinano, allinterno delle zone di rispetto, le seguenti
strutture od attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere varie, ferroviarie ed in genere infrastrutture di servizio;
d) distribuzione di concimi chimici e fertilizzanti in agricoltura nei casi in cui esista
un piano regionale o provinciale di fertilizzazione.
e) le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di fertilizzazione di cui alla lettera
c) del comma 1.
3. In assenza dellindividuazione da parte della regione della zona di rispetto ai
sensi dellArt.4, comma 1, la medesima ha unestensione di 200 metri di raggio
rispetto al punto di captazione o di derivazione".
4. LArt.7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.236, è
sostituito come segue:
"1. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle
regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare
misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni
per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici da
inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia
di settore.
2. Le regioni, al fine della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non
ancora utilizzate per luso umano, individuano e disciplinano, allinterno delle
zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva".
Capo II
Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico
Art.22 Pianificazione del bilancio idrico
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di
qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare
ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare lequilibrio
del bilancio idrico come definito dallAutorità di bacino, nel rispetto delle
priorità della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e tenendo conto dei fabbisogni, delle
disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e
delle destinazioni duso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche
qualitative e quantitative.
3. Le autorità competenti al rilascio delle concessioni di derivazione ed alla
vigilanza sulle stesse trasmettono alle autorità di bacino competenti ogni informazione
utile in merito alla gestione della concessione evidenziando i particolare le effettive
quantità derivate e le caratteristiche quantitative e qualitative delle acque
eventualmente restituite. Le autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in
proprio possesso allANPA secondo le modalità di cui allArt.3 comma 7.
4. Il Ministro dei lavori pubblici provvede entro sei mesi dallentrata in vigore
del presente decreto a definire, di concerto con gli altri Ministri competenti e previa
intesa con la Conferenza Stato-Regioni, le linee guida per la predisposizione del bilancio
idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e
per la definizione del minimo deflusso vitale.
5. Tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore del
presente decreto sono regolate dallautorità concedente mediante la previsione di
rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici come previsto
dallArt.3, comma 1, lettera i), della legge 18 maggio 1989, n. 183, e
dallArt.3, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 senza che ciò possa dar luogo
alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la
relativa riduzione del canone demaniale di concessione
6. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2 le autorità concedenti, a seguito del
censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico provvedono, ove
necessario, alla loro revisione, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o
quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte
della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di
concessione.
Art.23 Modifiche al Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775
1. Il comma 1 bis dellArt.7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque e impianti elettrici approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
introdotto dallArt.3 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 è sostituito
dal seguente:
"1 bis.) Le domande di cui al comma 1 relative sia alle grandi sia alle piccole
derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente interessate
che, nel termine massimo di quaranta giorni dalla ricezione, comunicano il proprio parere
allufficio istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le
previsioni del piano di tutela e, anche in attesa di approvazione dello stesso, ai fini
del controllo sullequilibrio del bilancio idrico o idrologico. Decorso il predetto
termine senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il parere si intende espresso in senso
favorevole".
2. Il comma 1 dellArt.9 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775, è così
sostituito:
"Tra più domande concorrenti, completata listruttoria di cui agli articoli 7 e
8, è preferita quella che da sola o in connessione con altre utenze concesse o richieste
presenti la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti
criteri:
a) lattuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti
anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione, evitando ogni spreco e
destinando preferenzialmente le risorse qualificate alluso potabile;
b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione alluso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico;
d) la quantità e la qualità dellacqua restituita rispetto a quella prelevata.
E preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior
restituzione dacqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso
di più domande concorrenti per usi industriali è altresì preferita quella del
richiedente che aderisce al sistema ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento CEE
n. 1836/93 del Consiglio del 29 giugno 1993 sulladesione volontaria delle imprese
del settore industriale a un sistema comunitario di ecogestione e audit"
3. LArt.12 bis del testo unico approvato con regio decreto 1775/1933, introdotto
dallArt.5 del decreto legislativo 275/1993, è sostituito dal seguente:
"Nel rilascio di concessioni di derivazioni dacqua, lutilizzo di risorse
riservate al consumo umano può essere assentito per usi diversi solo nel caso di ampia
disponibilità delle risorse predette o di accertata carenza qualitativa e quantitativa di
fonti alternative di approvvigionamento; in tal caso il canone di utenza per uso diverso
da quello potabile è triplicato. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui
impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.Il provvedimento di
concessione è rilasciato solo se non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli
obiettivi di qualità definiti per il corso dacqua interessato, se è garantito il
minimo deflusso vitale e se non vi è possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate
o provenienti dalla raccolta di acque piovane, ovvero se il riutilizzo è economicamente
insostenibile. La quantità di acqua concessa è commisurata alla possibilità di
risparmio, di riutilizzo o riciclo della risorsa. Nelle condizioni del disciplinare devono
essere fissate, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative
dellacqua restituita. Analogamente nei casi di prelievo da falda deve essere
garantito lequilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica
dellacquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o
inquinate, e quantaltro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle
acque".
4. LArt.17 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775 è così sostituito:
"Salvo quanto previsto dallArt.93 e dallArt.28, commi 3 e 4, della legge
5 gennaio 1994, n. 36, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un
provvedimento autorizzativo o concessorio dellautorità competente. Nel caso di
violazione del disposto del comma 1, lamministrazione competente dispone
limmediata cessazione dellutenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi
ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento
di una sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni.
Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire
cinquecentomila a lire tre milioni. Alla sanzione prevista dal presente Art.non si applica
il pagamento in misura ridotta di cui allArt.16 della legge 24 novembre 1981, n.689.
E in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti".
5. E soppresso il secondo comma dellArt.54 del Regio Decreto 11 dicembre
1933, n.1775.
6. Fatta salva la normativa transitoria di attuazione dellArt.1 della legge 5
gennaio 1994 n.36, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica, in tutto o in
parte abusivamente in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, la
sanzione di cui allArt.17, secondo comma del testo unico approvato con regio decreto
11 dicembre 1933 n.1775 è ridotta ad un quinto qualora sia presentata domanda in
sanatoria entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La
concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle
utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della domanda di
concessione in sanatoria, lutilizzazione può proseguire, fermo restando
lobbligo del pagamento del canone per luso effettuato e il potere
dellautorità concedente di sospendere in qualsiasi momento lutilizzazione
qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento
degli obiettivi di qualità.
7. Il comma 1 dellArt.21 del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775, come
modificato dal comma 1 dellArt.29 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, è sostituito
dal seguente:
"1. Salvo quanto disposto al comma seguente, tutte le concessioni di derivazione sono
temporanee. La durata delle concessioni, ad eccezione di quelle di grande derivazione
idroelettrica, per le quali resta fermo quanto disposto dallart.36 della legge del
24 aprile 1998, n.128 e relativi decreti legislativi di attuazione della direttiva
96/92/CE, non può eccedere i trenta anni ovvero quaranta per uso irriguo.";
8. Il comma 7 si applica anche alle concessioni di derivazione già concesse. Ove le
stesse, per effetto del medesimo comma 7 risultino scadute, possono continuare ad essere
esercitate sino alla data di scadenza originaria, purché venga presentata domanda di
rinnovo entro un anno dallentrata in vigore del presente decreto, e fatta salva
lapplicazione di quanto previsto allArt.22.
9. Dopo il comma 3 dellArt.21 del t.u. approvato con R.d. 1775/1933 è inserito
il seguente:
"3 bis. Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle
tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della
quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche
modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti
possibile soddisfare la domanda dacqua attraverso le strutture consortili già
operanti sul territorio.".
Art.24 Acque minerali naturali
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di
sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione
delle acque potabili e delle previsioni del piano di tutela.
Art.25 Risparmio idrico
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie
alleliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il
riciclo ed il riutilizzo, anche mediante lutilizzazione delle migliori tecniche
disponibili.
2. Il comma 1 dellArt.5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 è sostituito dal
seguente:
"1. Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e
leliminazione degli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a
qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi
di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dellutilizzo di acque meno
pregiate per usi compatibili;
c) promuovere linformazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico
domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;
d) installare contatori per il consumo dellacqua in ogni singola unità abitativa
nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario
esercitate nel contesto urbano;
e) realizzare nei nuovi insediamenti sistemi di collettamento differenziati per le acque
piovane e per le acque reflue."
3. AllArt.5 della legge 5 gennaio 1994, n. 36dopo il comma 1, è aggiunto il
seguente comma:
"1 bis. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con lassetto urbanistico e
territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, prevedono reti duali al fine
dellutilizzo di acque meno pregiate, nonché tecniche di risparmio della risorsa. Il
comune rilascia la concessione edilizia se il progetto prevede linstallazione di
contatori per ogni singola unità abitativa, nonché il collegamento a reti duali, ove
già disponibili."
4. AllArt.13, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sono aggiunte in fine
le seguenti parole:"ed in funzione del contenimento del consumo".
5. Le regioni, sentita le autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio
idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta
individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
Art.26 Riutilizzo dellacqua
1. AllArt.14 della legge 5 gennaio 1994, n.36, dopo il comma 4, è aggiunto il
seguente comma:
"5. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo
produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dellutilizzo
nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando
alla tariffa un correttivo che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della
quantità delle acque primarie impiegate."
2. LArt.6 della legge 5 gennaio 1994, n.36, è sostituito dal seguente:
"1. Con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con il Ministro per le
politiche agricole, della sanità, dellindustria, del commercio e
dellartigianato, dei lavori pubblici e dintesa con la Conferenza unificata per
i rapporti fra lo Stato e le regioni sono definite norme tecniche per il riutilizzo delle
acque reflue".
"2. Le regioni adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dellacqua e
il riutilizzo delle acque reflue depurate mediante le quali sono in particolare:
a) indicate le migliori tecniche disponibili per la progettazione e lesecuzione
delle infrastrutture nel rispetto delle norme tecniche emanate ai sensi del comma 1;
b) indicate le modalità del coordinamento interregionale anche al fine di servire vasti
bacini di utenza ove vi siano grandi impianti di depurazione di acque reflue;
c) previsti incentivi e agevolazioni alle imprese che adottano impianti di riciclo o
riutilizzo.
3. Il decreto di cui allArt.6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come
sostituito dal comma 1 del presente articolo, è emanato entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto.
4. Con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri
dellambiente e dellindustria, del commercio e dellartigianato e
dintesa la Conferenza Stato-regioni sono definite le modalità per
lapplicazione della riduzione di canone prevista dallArt.18, comma 1, lettere
a) e d), della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
Capo III
Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi
Art.27 Reti fognarie
1. Gli agglomerati devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue
urbane:
a) entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti superiore a
15.000;
b) entro il 31 dicembre 2005 per quelli con un numero di abitanti equivalenti compreso tra
2.000 e 15.000.
2. Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate
"aree sensibili" gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti devono
essere provvisti di rete fognaria.
3. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano
adottando le tecniche migliori che non comportino costi eccessivi, tenendo conto in
particolare:
a) del volume e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fuoriuscite;
c) della limitazione dellinquinamento delle acque recipienti, dovuto a tracimazioni
causate da piogge violente.
4. Per i nuclei abitativi isolati ovvero laddove la realizzazione di una rete fognaria
non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o
perché comporterebbe costi eccessivi, le regioni identificano sistemi individuali o altri
sistemi pubblici e privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al
comma 7 dellArt.62, che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale,
indicando i tempi di adeguamento.
Art.28 Criteri generali della disciplina degli scarichi
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di
qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite di emissione
previsti nellallegato 5.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nellesercizio della loro autonomia,
tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili,
definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui allallegato 5,
sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in
ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Per le
sostanze indicate nelle tabelle 1, 2, 5 e 3/A dellallegato 5, le regioni non possono
stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nel medesimo allegato 5.
3. Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte
dellautorità competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La
misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dellArt.34, si intende
effettuata subito a monte del punto di immissione in tutte le acque superficiali e
sotterranee, interne e marine, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. Lautorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare
allinterno degli stabilimenti tutte le ispezioni che essa ritenga necessarie per
laccertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa
può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 2, 4, 5, 12,
15 e 16 della tabella 5 dellallegato 5, subiscano un trattamento particolare prima
della loro confluenza nello scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante
diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito
diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli
scarichi parziali contenenti le sostanze indicate ai numeri 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9 e 10
della tabella 5 dellallegato 5, prima del trattamento degli scarichi parziali stessi
per adeguarli ai limiti previsti dal presente decreto. Lautorità competente, in
sede di autorizzazione può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di
lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dallo scarico
terminale di ciascun stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con
valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in
base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico
ricettore, fermo restando che le acque devono essere restituite con caratteristiche
qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso
corpo idrico dal quale sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dallArt.38 e salva diversa normativa regionale, ai fini
della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue
domestiche quelle che presentano caratteristiche qualitative equivalenti, nonchè le acque
reflue provenienti da:
a) imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;
b) imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno
agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del
fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti di allevamento al netto
delle perdite di stoccaggio e distribuzione;
c) imprese dedite alle attività di cui ai punti 1 e 2 che esercitano anche attività di
trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di
normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia
prima lavorata proveniente per almeno due terzi esclusivamente dallattività di
coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d) impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e si
caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato
di specchio di acqua o in cui venga utilizzata una portata dacqua pari o inferiore a
50 litri al minuto secondo
8. Entro sei mesi dallentrata in vigore del presente decreto, e successivamente
ogni due anni, le regioni trasmettono allAgenzia nazionale per la protezione
dellambiente le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché
allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità indicate nel decreto di cui
allArt.3, comma 7.
9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato
dellambiente le regioni pubblicano ogni due anni una relazione sulle attività di
smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità
indicate nel decreto di cui allArt.3, comma 7.
10. Le autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di
programma con i soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico,
il riutilizzo delle acque in scarico ed il recupero come materia prima dei fanghi di
depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire
agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare limiti agli scarichi in
deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle
misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
Art.29 Scarichi sul suolo
1. E vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo fatta
eccezione:
a) per i casi previsti dallArt.27, comma 4;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata
limpossibilità tecnica o leccessiva onerosità a fronte dei benefici
ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi
siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle
regioni ai sensi dellArt.28, comma 2. Sino allemanazione di nuove norme
regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4 dellallegato 5.0
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli
impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti
esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde
acquifere o instabilità dei suoli.
2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo autorizzati
prima dellentrata in vigore del presente decreto in conformità alla normativa
previgente devono, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al
riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui allArt.6,
comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, così come sostituito dallArt.26, comma
2, del presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
lautorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1, autorizzati prima dellentrata
in vigore del presente decreto, devono conformarsi ai limiti della tabella 4
dellallegato 5 entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Sino a tale data devono essere rispettati i limiti della tabella 3 dellallegato 5
ovvero, se più restrittivi, i limiti fissati dalle normative regionali vigenti. Resta
comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1
dellallegato 5.
Art.30 Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
1. E vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1 lautorità competente, dopo indagine
preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per
scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel
corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di
scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 1 il ministero dellambiente per i
giacimenti a mare e le regioni per i giacimenti a terra possono altresì autorizzare lo
scarico di acque risultanti dallestrazione di idrocarburi nelle unità geologiche
profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle
stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le
modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre
sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla
separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la
prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non
possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
4. Per le perforazioni in mare con le quali è svolta attività di prospezione, ricerca
e coltivazione di giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi, lo scarico delle acque
diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal decreto del Ministro
dellambiente del 28 luglio 1994 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 16 agosto
1994 n. 190 e successive modifiche, purché la concentrazione di idrocarburi sia inferiore
a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare é progressivamente sostituito dalla iniezione o
reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più
produttivi, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3.
5. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui al comma 4, è autorizzato previa
presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare lassenza di pericoli
per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
6. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 5, gli scarichi nel
sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati alla data di
entrata in vigore del presente decreto, devono essere convogliati in corpi idrici
superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o
allutilizzazione agronomica entro tre anni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
lautorizzazione allo scarico è a tutti gli effetti revocata.
Art.31 Scarichi in acque superficiali
1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i
valori-limite di emissione fissati ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2 in funzione del
perseguimento degli obiettivi di qualità.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie,
provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque
dolci ed in acque di transizione e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di
10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un
trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dellallegato 5, entro il
31 dicembre 2005.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un
trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni
dellallegato 5 e secondo le seguenti cadenze temporali:
a) entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15.000
abitanti equivalenti;
b) entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di
abitanti equivalenti compreso tra 10.000 e 15.000;c) entro il 31 dicembre 2005 per gli
scarichi in acque dolci ed in acque di transizione, provenienti da agglomerati con un
numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 10.000.
4. Gli scarichi previsti ai commi 2 e 3 devono rispettare altresì i valori-limite di
emissione fissati ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2.
5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie
provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di
quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di
qualità.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone dalta montagna,
al di sopra dei 1.500 metri sul livello del mare, dove a causa delle basse temperature è
difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un
trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché studi dettagliati
comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sullambiente.
Art.32 Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree
sensibili
1. Ferme restando le disposizioni dellArt.28, commi 1 e 2, le acque reflue urbane
provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque
recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento
più spinto di quello previsto dallArt.31 comma 3, secondo i requisiti specifici
indicati nellallegato 5.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può
essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in
ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al
75% per il fosforo totale ovvero per almeno il 75% per lazoto totale.
3. Le regioni individuano (*), tra gli scarichi provenienti dagli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane situati allinterno dei bacini drenanti
afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo allinquinamento di tali
aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del
raggiungimento dellobiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.
Art.33 Scarichi in reti fognarie
1. Ferma restando linderogabilità dei valori-limite di emissione per le sostanze
della tabella 5 dellallegato 5, gli scarichi di acque reflue industriali che
recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni
regolamentari ed ai valori-limite di emissione emanati dai gestori dellimpianto di
depurazione delle acque reflue urbane in conformità ai criteri emanati
dallautorità dambito, in base alla caratteristiche dellimpianto ed in
modo che sia assicurato il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue
domestiche definita ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre
ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal gestore dellimpianto di
depurazione delle acque reflue urbane.
Art.34 Scarichi di sostanze pericolose
1. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della
sostanza considerata nellambiente in cui è effettuato lo scarico, lautorità
competente in sede di rilascio dellautorizzazione può fissare, in particolari
situazioni di accertato pericolo per lambiente anche per la conpresenza di altri
scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli
fissati ai sensi dellArt.28, commi 1 e 2.
2. Per le sostanze indicate ai numeri 2, 4, 5, 12, 15 e 16 della tabella 5
dellallegato 5, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della
sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico
dellattività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in
conformità con quanto indicato nella stessa tabella.
3. Per le acque di processo contenenti le sostanze delle tabelle 3/A e 5
dellallegato 5, il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo
luscita dallo stabilimento o dallimpianto di trattamento che serve lo
stabilimento medesimo. Lautorità competente può richiedere che tali scarichi
parziali siano tenuti separati dallo scarico generale e trattati come rifiuti, ai sensi
del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22, e successive modifiche e integrazioni.
4. Lautorità che rilascia lautorizzazione per le sostanze della tabella
3/A dellallegato 5, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi
e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.
Capo IV
Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici
Art.35 Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di
posa in mare di cavi e condotte
1. Al fine della tutela dellambiente marino ed in conformità alle disposizioni
delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita limmersione
deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o
in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni
costieri, dei seguenti materiali:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia
dimostrata la compatibilità ambientale e linnocuità;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante
lattività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.
2. Lautorizzazione allimmersione in mare dei materiali di cui al comma 1,
lettera a), è rilasciata dallautorità competente solo quando è dimostrata,
nellambito dellistruttoria, limpossibilità tecnica o economica del loro
utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero ovvero lo smaltimento alternativo in
conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dellambiente di
concerto con i Ministri dei lavori pubblici, dei trasporti e per le politiche agricole,
previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, da emanarsi entro 60 giorni
dallentrata in vigore del presente decreto.
3. Limmersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad
autorizzazione (*), con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di
impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura
delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione allautorità competente.
4. Limmersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è
soggetta ad autorizzazione.
5. Lattività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione
regionale rilasciata, in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro
dellambiente, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
Art.36 Autorizzazione al trattamento di rifiuti costituiti da acque reflue
1.Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3 è vietato lutilizzo degli impianti di
trattamento di acque urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In deroga al comma 1, la competente autorità in relazione a particolari esigenze e nei
limiti della capacità residua di trattamento può autorizzare il gestore di impianti di
trattamento di acque reflue allo smaltimento di rifiuti liquidi limitatamente alle
tipologie compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato è, comunque, autorizzato ad accettare
rifiuti costituiti da acque reflue negli impianti di trattamento di cui al comma 1
purché:
a) gli impianti abbiano caratteristiche e capacità depurativa adeguata e rispettino
comunque i valori limite di cui allArt.28 comma 1 e 2;
b) rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
c) provengano da scarichi, di acque reflue domestiche o industriali, prodotti nel medesimo
ambito territoriale ottimale di cui alla legge 5 gennaio 1994, n.36.
4. Allo smaltimento dei rifiuti costituiti da acque reflue, di cui al presente
articolo, si applica la tariffa prevista per il servizio di depurazione di cui
allArt.14 della legge 5 gennaio 1994, n.36.
5. Il produttore ed il trasportatore di rifiuti costituiti da acque reflue sono tenuti
al rispetto della normativa in materia di rifiuti del decreto legislativo del 5 febbraio
1997, n.22 e successive modifiche ed integrazioni. Il gestore dellimpianto di
trattamento di rifiuti, costituiti da acque reflue è soggetto agli obblighi di cui
allArt.12 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n.22.
Art.37 Impianti di acquacoltura e piscicoltura
1. Con decreto del Ministro dellambiente, di concerto con i Ministri per le
politiche agricole, dei lavori pubblici, dellindustria, del commercio e
dellartigianato, della sanità e, previa intesa con Conferenza Stato Regioni, sono
individuati i criteri relativi al contenimento dellimpatto sullambiente
derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.
Art.38 Utilizzazione agronomica
1. Lapplicazione al terreno degli effluenti di allevamento zootecnico è
soggetta a comunicazione da effettuare almeno trenta giorni prima dellinizio di tali
attività alle autorità competenti che, nel medesimo termine, possono dare le opportune
prescrizioni.
2. Fermo restando quanto previsto dallArt.19, entro centottanta giorni
dallentrata in vigore del presente decreto il Ministro per le politiche agricole,
con proprio decreto, di concerto con i Ministri dellambiente, dellindustria,
del commercio e dellartigianato, della sanità e dei lavori pubblici, di intesa con
la Conferenza Stato regioni, stabilisce (*) le modalità per la comunicazione, i criteri
per il controllo, le norme tecniche per lutilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto
dalla legge 11 novembre 1996 n.574, e delle acque reflue provenienti da allevamenti ittici
e da aziende agricole e agroalimentari. anche ai fini delle eventuali prescrizioni di cui
al comma 1.
3. Salvo diversa disciplina regionale, il comune ordina la sospensione
dellattività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto
delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite.
Art.39 Acque di prima pioggia e di lavaggio di aree esterne
1. Le regioni disciplinano i casi in cui può essere richiesto, che le acque di prima
pioggia e di lavaggio delle aree esterne non recapitanti in reti fognarie siano
convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari
stabilimenti nei quali vi sia il rischio di deposizione di sostanze pericolose sulle
superfici impermeabili scoperte.
Art.40 Dighe
1. Le regioni adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque
utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di
potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da
quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il
mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Titolo II.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia
sia della qualità dellacqua invasata, sia del corpo recettore, le operazioni di
svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di
gestione di ciascun impianto. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il
quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da
eseguire sullimpianto sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore,
dellecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate
e rilasciate a valle dello sbarramento durante le operazioni stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli
organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano
valide in ogni caso le disposizioni fissate tal decreto del Presidente della Repubblica
1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di gestione di cui al comma 2, è predisposto dal gestore sulla base dei
criteri fissati con decreto del Ministro dei lavori pubblici e del Ministro
dellambiente di concerto con i Ministri dellindustria del commercio e
dellartigianato e con quello per le politiche agricole, previa intesa con la
Conferenza Stato Regioni, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni,
entro sei mesi dalla sua presentazione, sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle
aree protette direttamente interessate; è trasmesso al Registro italiano dighe per
linserimento come parte integrante del foglio condizioni per lesercizio e la
manutenzione di cui allArt.6 del decreto del Presidente della Repubblica 1°
novembre 1959, n.1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si
intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza
che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il
potere di tali enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.
6. Con lapprovazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le
operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel
progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti ai sensi dellArt.89,
comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, le amministrazioni (*)
determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento
degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti sono tenuti a presentare il progetto di cui al
comma 2 entro sei mesi dallemanazione del decreto di cui al comma 4. Fino
allapprovazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 4, le operazioni
periodiche di manovre prescritte ai sensi dellArt.17 del decreto del Presidente
della Repubblica 1 novembre 1959 n. 1363 volte a controllare la funzionalità degli organi
di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per lesercizio e la
manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono
pregiudicare gli usi in atto a valle dellinvaso, né il rispetto degli obiettivi di
qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.
Art.41 Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
1. Ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del Regio Decreto 25 luglio 1904, n.
523, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea
nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi
sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di
conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità
dellalveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le
regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del
soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni
e lagune comunque vietando la copertura dei corsi dacqua, che non sia imposta da
ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento
dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti allautorizzazione
prevista dal Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli
interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei
torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di
destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di
ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree
naturali protette statali o regionali inserite nellelenco ufficiale di cui
allArt.3, comma 4, lettera c) della legge 6 dicembre 1991, n. 394, la concessione è
gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio
1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
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