La produzione di energia idroelettrica nel nostro Paese
è iniziata nella seconda metà dell'Ottocento favorita
da un territorio particolarmente ricco di rilievi montuosi.
In quale modo dall'acqua si riesce ad ottenere energia
idroelettrica?
Quando una massa d'acqua cade da una quota superiore
ad una inferiore, si libera energia che viene sfruttata
dagli impianti idroelettrici. Un flusso d'acqua di 1 mc/secondo
che fa un "salto" di 1 metro ha infatti una potenzialità
di circa 90.000 kWh di energia per anno. Tutta questa
energia potenziale che la massa di acqua possiede
è fornita dalla forza di gravità. L'energia potenziale
della massa d'acqua, durante il salto, si trasforma in
energia cinetica (cioè di movimento) che, all'interno
della centrale, viene trasformata in un'altra forma di
energia chiamata elettrica.
Per produrre energia elettrica l'acqua
deve essere disponibile in modo costante: a questo scopo
vengono di norma realizzati sui corsi d'acqua degli invasi,
tramite la costruzione di uno sbarramento o di una diga.
L'acqua prelevata da questi bacini viene quindi convogliata,
tramite condotte di adduzione in quota, ad una condotta
forzata; in questa condotta l'acqua "cade" da una quota
più alta ad una più bassa e acquista energia cinetica
che le consente di imprimere un moto rotatorio ad una
turbina; il movimento della turbina viene, infine, trasformato
in energia elettrica da un generatore.
L'energia idroelettrica è stata erroneamente considerata
per anni una "energia pulita": non provoca, infatti,
emissioni gassose o liquide che possano inquinare l'aria
o l'acqua. Tuttavia, lo sfruttamento idroelettrico dei
corsi d'acqua produce un impatto ambientale notevole:
un fiume sul quale viene realizzato uno sbarramento modifica
radicalmente il proprio assetto idrogeologico, con conseguenze
che, spesso, non sono prevedibili sulla base di soli calcoli
teorici.